Succede tutto nel giardino delle rose della Casa Bianca un anno fa, è il 30 marzo del 2009. Il presidente Barack Obama dice al mondo che la Fiat di Sergio Marchionne è il partner ideale per salvare la Chrysler, l’icona di Detroit che sta sprofondando. E’ un nuovo inizio per il costruttore americano ma anche per l’amministratore delegato del gruppo italiano, arrivato a Torino nel giugno del 2004 per salvare la Fiat dal baratro.
Il giardino di Obama è il grande pretesto per decidere il che fare, il filo narrativo dell’autore: dopo un simile annuncio, vala la pena investire nelle azioni della Fiat e di Exor, o meglio vendere tutto? Parola di Marchionne (Francesco Brioschi editore) è un viaggio più intorno che dentro la Fiat, più sottopelle che al cuore di una vicenda manageriale finora di successo. Ma è una ricognizione precisa, che suscita interrogativi con domande che suggeriscono altre domande, quanto di meglio possano provocare le pagine di un libro di management.
L’autore è Riccardo Ruggeri, oggi imprenditore, da ragazzo operaio a Mirafiori e, dopo anni di studio, salito ai vertici dell’azienda in qualità di amministratore delegato della New Holland e membro del Comitato direttivo di Fiat Holding con Gianni Agnelli. Ruggeri lascia Torino nel 1996 e giura di non aver mai incontrato Marchionne. Però conosce dall’interno il mondo in cui l’ad si muove: le piattaforme, i motori e le tecnicalità con cui si preparano le riunioni dei consigli di amministrazione, tra «zuppa di eccellenti ingredienti biologici» e «scadenti ogm». Quanto basta perché le sue analisi siano più che dense.
Ruggeri decide di «investire» sull’onda dell’avventura americana di Fiat, resta al tavolo per raccontare anche la campagna di Germania dove Marchionne perde la Opel. E seguendo le mosse del manager «spariglio», Ruggeri a un certo punto ricorre a Tommy. Tratteggia l’amico come un ceo americano, cioè un amministratore delegato, poi consulente aziendale con una sola idea fissa: fare soldi, per sé s’intende. Tommy è il pifferaio magico della strategia omeopatica del ceo di successo: niente strategie di lungo periodo, troppo difficili in tempi crudi, meglio puntare sulla comunicazione e informare di quel che si fa «a piccole dosi omeopatiche». Un modo per prendere tempo rispetto agli analisti, ai controller interni o agli stessi azionisti, seconda una tecnica che potremmo definire del calcio al barattolo, confondendo il più possibile il tangibile con l’intangibile. Non è per nulla il caso di Marchionne, avverte Ruggeri, che dice di stimare molto il numero uno Fiat. Ma se a qualcuno venisse il sospetto di un qualche collegamento, conviene leggersi il libro.

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