Era scontata la sentenza del giudice lucano sul reintegro dei tre operai licenziati dalla Fiat a Melfi. Lo abbiamo scritto su il manifesto, lo ha scritto su Repubblica il sociologo Luciano Gallino. E’ una affermazione che implica una domanda, e almeno un tentativo di risposta: dove vuole arrivare l’amministratore delegato Sergio Marchionne? Da un paio di mesi la domanda ci viene fatta insistentemente da molti lettori su questo blog. Gallino sostiene che Marchionne starebbe cercando un pretesto per disimpegnarsi da Pomigliano, dove dovrebbe trasferire dalla fabbrica di Tychy in Polonia la linea della nuova Panda. Una operazione che prevede 700 milioni di investimenti e una nuova società attraverso la quale riassumere in fabbrica solo chi accetta in toto il nuovo contratto aziendale, con limiti ai diritti. Una storia complicata e destinata a complicarsi ulteriormente, per la massa di ricorsi dal giudice che la vicenda sottende. Intanto la Fiat ricorre per la sentenza su Melfi.

Chi scrive concorda con Gallino. E sostiene da un po’ che Marchionne potrebbe, in effetti, lavorare a una exit strategy dall’Italia. Sul piatto di Pomigliano ci sono 700 milioni di euro (ancora quasi intonsi, considerando che la produzione partirà – se partirà – dal settembre 2011).  Ma nel piano 2010-2014 annunciato dall’amministratore delegato della Fiat il 21 aprile scorso, in Italia il gruppo promette di investire 20 miliardi di euro entro quella data. Insomma, all’appello mancano ancora 19,3 miliardi, cioè la vera ciccia. Pomigliano e i giudici del lavoro e i sindacati come la Fiom che non abbassano la testa, hanno l’aria di essere – o di diventare – un casus belli perfetto per dirottare altrove questi  investimenti altrove. A quel punto, poco importerebbe se qualche spiccio dei 700 milioni di Pomigliano andasse perduto. La partita è aperta.

Lascia un commento