Il messaggio della massima autorità dello stato è chiaro: la Costituzione esiste, abbiano cittadinanza i diritti e non gli insulti. Al di là di quel che fanno i Berlusconi sulla scena politica o i Marchionne nel mondo del lavoro. Il presidente Napolitano ha risposto subito e pubblicamente – non era scontato – alla lettera dei tre operai della Fiat di Melfi. Che avevano scritto al capo dello stato dopo essere stati licenziati dall’azienda, reintegrati da una sentenza del giudice del lavoro, impediti dalla stessa azienda a tornare alle proprie mansioni.
Napolitano usa parole nette. Per i vertici Fiat e per il governo, innaturalmente gemelli in queste settimane nel procedere per strappi e nel disprezzo delle regole verso l’obiettivo che ritengono lecito. Per gente come Bonanni, secondo cui quel che è successo a Melfi sarebbe stata solo una «provocazione» della Fiom in cui la Fiat non sarebbe dovuta cadere. Per chi ancora tace, a sinistra.
Napolitano ricorda che sono in ballo diritti e sentenze da rispettare. E infatti sottolinea di rimettersi anche lui all’autorità giudiziaria, «proprio per rispetto di quelle regole dello Stato di diritto a cui voi vi richiamate». Scrive «voi» operai, non cita Fiat che non ha eseguito per intero la sentenza del tribunale di Melfi. Anzi, alla grave decisione dell’azienda riserva ben altre parole, parlando sempre a quei «voi»: «Comprendo molto bene come consideriate lesivo della vostra dignità percepire la retribuzione senza lavorare».
Il capo dello stato chiede «condizioni per un confronto pacato e serio», così come aveva chiesto a più riprese alla politica. «Il mio vivissimo auspicio – che spero sia ascoltato anche dalla dirigenza della Fiat – è che questo grave episodio possa essere superato», scrive Napolitano. E insiste per un «confronto pacato e serio su questioni di grande rilievo come quelle del futuro dell’attività della maggiore azienda manifatturiera italiana e dell’evoluzione delle relazioni industriali nel contesto di una aspra competizione sul mercato globale».
E’ il confronto chiesto in questi mesi dalla Fiom a un’azienda più globalizzata dopo la presa della Chrysler. E da quei lavoratori di Pomigliano che nel referendum hanno detto no al contratto aziendale con meno diritti. Adesso è Napolitano a chiederlo a Marchionne. He can?

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