L’Europa dell’auto è il punto più fragile dell’industria globale delle quattro ruote. E Il Salone di Parigi che si apre al pubblico sabato 2 ottobre ne è lo speccchio fedele. Intanto perché manca una vera stella al Mondial, una novità che faccia dire oh. O forse ce ne è una, che dà però l’idea di tutt’altra tendenza: sotto il cofano della Mercedes Classe S, l’ammiraglia delle ammiraglie, è stato messo anche un motore 4 cilindri (un turbodiesel). Sacrilegio o vero segno dei tempi?
L’assenza di stelle è più evidente considerando che gli stand di tutti i costruttori sono comunque gremiti di modelli e prototipi, con i francesi Renault, Citroen e Peugeot in gran spolvero per le rispettive proposte di auto elettrica. Sul tema, oggi si confermano i produtttori più avanti del vecchio continente.
Ma tornando al caso Europa, qui si continuano ad assorbire sempre meno macchine, dopo la grande abbuffata del 2009 (proseguita con gli ordini soddisfatti nel primo trimestre del 2010) sulla spinta degli incentivi statali. Finiti i quali, il business può stare in piedi soltanto se le vendite si sposteranno verso i segmenti più grandi, dove la reddditività è maggiore. Fatto, dicono con facilità in Bmw che va a gonfie vele, molto più complicato a farsi per quei generalisti come Fiat, le francesi, le tedesche americane Opel e Ford. Al contrario, in America i costruttori stanno tornando a fare utili importanti (macroscopico il caso Ford) in un mercato pure fortemente ridimensionato dopo la crisi, sia per numeri di macchine vendute ma anche per numero di lavoratori mandati a casa (chiuse 18 fabbriche). L’area Asia-Pacifico resta un mondo a parte, con la Cina in testa a tirare, con aumenti di vendite e di utili (per chi è presente) che viaggiano con numeri a due cifre. E allora? Prendetela come un’instantanea da Parigi, con la seguente didascalia: chi salverà l’Europa, anzi i lavoratori europei?