Gli operai della General Motors e della Chrysler non votano in Colorado o in Nevada, due dei quattro o cinque stati americani dove il presidente Barack Obama e il suo partito democratico si giocano per pochi voti la maggioranza al Senato (salvata, alla fine).  Fosse per l’intera industria dell’auto di Detroit, Obama vincerebbe anche nel Mid Term e la partita iniziata con la bancarotta pilotata di Gm e di Chrysler del’estate 2009 potrebbe continuare.  Ma il contestato salvataggio di Detroit (Ford esclusa, che aveva provveduto da sola a mettere in cassa prestiti bancari prima della crisi) rischia di essere l’ultima operazione in grande stile dell’Amministrazione Obama, da qui al 2012.

Al di là dell’esito del voto, la Gm si appresta  a tornare in borsa il prossimo 17 novembre per cercare 10,6 miliardi di dollari. Il governo statunitense, che aveva investito in Gm 40 miliardi di dollari per detenere il 61% del capitale, pensa di vendere sue azioni per 7 miliardi di dollari e scendere al 43%. Stessa cosa faranno gli altri azionisti, compreso il sindacato Uaw, che venderà azioni per circa 2 miliardi di dollari per scendere dal 17 al 15%.  Entro la fine del 2010, Gm onorerà 9,5 miliardi di dollari dei circa 40 prestati a tasso agevolato dal governo. Dopo averne persi 88 fra il 2004 e il 2009, ne ha guadagnati 2,2 nei primi sei mesi di quest’anno, grazie anche alla bancarotta che ha azzerato miliardi di debiti, alla cancellazione di quattro degli otto marchi in casa, del 25 per cento dei suoi dealer, di una dozzina di fabbriche e di migliaia di posti di lavoro. Ma se Obama non fosse intervenuto, per Gm e per Chrysler (dove il sì all’ingresso della Fiat di Sergio Marchionne fu deciso dal governo americano con un solo voto di maggioranza, racconta il suo protagonista principale Steve Rattner, capo negoziatore per la Casa Bianca) sarebbe finita molto peggio per i lavoratori.

Che oggi non riusciranno a salvare Obama e che ancora oggi parlano una sola lingua, la stessa del governo e del management di Gm e Chrysler. “Sappiamo quanto sia duro mandare avanti una famiglia guadagnando 15 dollari l’ora, ma sappiamo anche che dobbiamo tenere competitive Gm, Chrysler e Ford”, dice al Detroit Free Press il capo di Uaw, Bob King, riferendosi ai nuovi operai costretti ad accettare la paga di 15 dollari (meno della metà di un operaio già assunto) per entrare in fabbrica. E’ la stessa lingua che Marchionne vorrebbe sentir parlare dagli operai di Pomigliano o dal capo della Fiom.  Andatevi a rivedere “Non si uccidono così anche i cavalli?” di Sidney Pollack, il lavoro e la vita ai tempi della prima grande depressione, e ne riparliamo.

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