Il prossimo settembre scade il contratto dei metalmeccanici statunitensi. Al salone di Detroit Mark Reuss, capo di Gm Nordamerica, e Alan Mulally, presidente della Ford, hanno avanzato l’idea di legare aumenti salariali a miglioramenti produttivi. “Tutti dovrebbero condividere profitti”, aggiunge Mulally, mentre Bob King, leader del sindacato dell’auto Uaw, parla di un “mucchio di cose da discutere”  e sottolinea i “tremendi sacrifici” affrontati in questi anni dai lavoratori. A Detroit, solo Sergio Marchionne, come boss di Chrysler, ha taciuto sull’argomento. 

 Alla vigilia del voto di Mirafiori, è forse comprensibile: quel che non è buono per Fiom, non è buono nemmeno per Uaw. E viceversa, naturalmente: quel che è stato buono per Uaw, dovrà essere buono per i lavoratori italiani. Ricordiamolo: Marchionne ha chiuso l’accordo per il controllo di Chrysler nel 2009 puntando il fucile sul sindacato americano. O a Detroit operai e impiegati rinunciavano a scioperare almeno fino al 2013, ai benefit sanitari e pensionistici e a buste paghe intere per i neo assunti, oppure lui avrebbe tolto dal tavolo la proposta. E’ stato un bluff vincente, perché senza accordo con Uaw e amministrazione Obama, Marchionne oggi non sarebbe in grado “mostrare la regola della forza”, come scrive Stefano Rodotà su Repubblica.  Nell’urna di Mirafiori c’è anche tutto questo.

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