Sergio Marchionne l’avrebbe apprezzato.Vittorio Ghidella riteneva che al centro della Fiat ci sarebbe dovuta stare soltanto l’automobile. E sempre Ghidella fece per primo quello che Marchionne sta facendo adesso con la Chrysler: sviluppare su una sola piattaforma auto diverse per ottenere economie di scala, con l’accordo con Saab. Salito al vertice di Fiat Auto fra il 1979 e il 1988, Ghidella è morto giovedì all’età di 80 anni a Lugano.  A Torino ha conosciuto l’altare e la polvere.  Nel 1983 è il padre della Fiat Uno, successo clamoroso con un retroscena che ha da poco raccontato a Quattroruote nella sua ultima intervista.  E’ più vicino a Umberto che a Gianni Agnelli, lavora gomito a gomito con Cesare Romiti ma è il suo contrario, ingegnere autocentrico e disinteressato alla diversificazione degli interessi e del portafoglio dell’azienda. Nel dicembre del 1987, nel consueto incontro di fine anno dei manager del gruppo a Marentino, Gianni viene convinto da Umberto ad annunciare la successione: Umberto presidente, Ghidella amministratore delegato al posto di Romiti. Ma l’annuncio dura lo spazio di un mattino. Gianni resta presidente e Romiti allontanerà Ghidella l’anno successivo, con l’accusa di aver “rubato” .  Anni dopo, l’Avvocato lo accuserà di comportamenti “ai limiti tra il non estetico e il non etico”.  Ghidella ha sempre risposto con il riserbo, rispettando la tradizione dei top manager Fiat che, al di là di come sono usciti dall’azienda, non parlano per togliersi sassolini dalla scarpa. Tutti, tranne due: Carlo De Benedetti, durato soli cento giorni, e a sorpresa due anni fa Cesare Romiti, in una lunga intervista al Sole 24 ore, in cui tuttavia non infierisce su Ghidella.

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