Gli effetti del terremoto, dello tsunami e del disastro nucleare in Giappone colpiscono l’auto elettrica in un paese-chiave del suo sviluppo. La nuova emergenza energetica combinata con l’aumento del prezzo del petrolio  dovrebbero accrescere – almeno sulla carta – la sensibilità dei consumatori verso le macchine a batteria, ma il rischio è che i programmi a volt di tutti i costruttori possano rallentare. La tragedia giapponese ha fermato per diverse settimane non solo la produzione di molti modelli tradizionali dei 7 costruttori locali (in tempi normali dalle linee escono circa 50.000 vetture al giorno), ma ha bloccato soprattutto i componenti delle auto ibride ed elettriche di cui i giapponesi sono specialisti. Due nomi, in particolare: la Nissan ha dovuto fermare la produzione della Leaf totalmente elettrica e appena lanciata, la Toyota ha fatto slittare il lancio di due nuove varianti della sua Prius ibrida.  E non si può escludere che la Renault, controllante della Nissan, possa subire dei contraccolpi per la commercializzazione di tre nuovi modelli elettrici, dipendendo per alcuni pezzi dalle stesse fabbriche di fornitori giapponesi.  Nella sola zona nord orientale del Giappone, la più devastata dalla furia della natura e dalla scelta sbagliata del nucleare, ci sono circa 500 aziende di componentistica per automobili. Anzi, c’erano.

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