La Ford ha guadagnato 6,65 miliardi di dollari nel 2010, ma vuole diminuire la paga dei suoi lavoratori, oggi a 58 dollari l’ora compresi benefit, per arrivare ai 50 dollari dei dipendenti delle aziende di auto non sindacalizzate come quelle della Toyota e Hyundai in Nordamerica. Si può leggere tutto qui. Cambiano le carte, ma è la stessa aria che tira in Italia nello scontro fra la Fiat e parte del sindacato, che non accetta una diminuzione in questo caso di pause e di alcuni diritti.  La produzione mondiale di automobili aumenta grazie ai mercati emergenti, i profitti pure soprattutto per quei costruttori presenti in Cina, ma per gli operai la vita peggiora.  Se in occidente il costo del lavoro nell’industria di settore è mediamente del 6 o 7%, in Cina raggiunge a malapena il 2% nelle joint venture, perché nelle aziende solo cinesi è ancora più basso. Il sindacato americano, lo Uaw, ha fatto tante concessioni dal 2005 senza salvare la propria industria dal baratro in cui l’hanno gettata nel 2009 gli errori dei manager.  Gli operai cinesi – non tutti, e solo nel sud del paese – sono scesi in sciopero l’estate scorsa per ottenere miglioramenti salariali, ma la protesta  è stata soffocata dopo qualche sì. Se si guarda agli ultimi sommovimenti delle società nordafricane e all’incertezza economica globale, ce ne è abbastanza perché anche nell’auto il mondo del lavoro torni ad alzare la sua voce.

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