Fulmineo negli Stati Uniti, lento in Europa. L’amministratore delegato di Fiat-Chrysler Sergio Marchionne si muove a due velocità nel costruire il gruppo – oggi ottavo al mondo con i suoi 3,58 milioni di veicoli venduti nel 2010, domani settimo se riuscirà a raggiungere l’obiettivo dichiarato di 2,2 milioni di Fiat e i 2 milioni di Chrysler entro il 31 dicembre 2011. La sua marcia trionfale su Chrysler si è (quasi) conclusa questa notte ora italiana, quando è stato comunicato l’accordo dell’acquisto da parte Fiat del restante 6% di Chrysler in mano al Tesoro Usa per la cifra di 500 milioni di dollari. Sul valore delle due aziende, ancora separate e per ora solo una quotata in borsa, leggete qui l’ipotesi più realistica che ho trovato in giro. In America, Marchionne ha bruciato i tempi per ottenere il 52% di Chrysler, anticipando sempre il raggiungimento dell’obiettivo, cosa che fa venire i brividi agli analisti. Oggi nella fabbrica Jeep di Toledo, in Ohio, il presidente Barack Obama in visita farà uno spot per la sua campagna elettorale, ma anche per il manager italiano. In Italia, al contrario Marchionne ha ritardato il lancio di nuovi prodotti mantenendo però gli obiettivi di bilancio e la distribuzione dei dividendi agli azionisti, in questo caso per evitare di far venire i brividi agli analisti. Ma ha anche ingaggiato un corpo a corpo sia con il sindacato Fiom che con la Confindustria per imporre un nuovo modello di contratto che, dal punto di vista dell’azienda, lascia il tempo che trova in una situazione di mercato assai critica. Lo stallo politico del paese e le convulsioni del governo che si riflettono  negli ambienti confindustriali e il ricorso al tribunale del sindacato potrebbero trasformare il semaforo da giallo a rosso.  Se in America vola, in Italia Marchionne rischia la patente.

Lascia un commento