Non sono fogli qualsiasi Auto Bild e Der Spiegel, e se scrivono che la General Motors potrebbe vendere la sua controllata europea Opel, qualcosa di vero nell’aria ci potrebbe essere. Dalla Opel (e non subito da Gm, forse causa fuso orario) sono arrivate le prime smentite. Gli articoli in cui si indicano come possibili compratori un costruttore cinese oppure la Volkswagen sono soltanto «speculazioni» e «nonsense». Fine, o inizio? Due anni fa di questi tempi, la Opel era un marchio defunto, a un passo dalla bancarotta come la sua casa madre e per il quale il governo tedesco è stato costretto a battersi per difendere l’occupazione. Un costruttore quasi morto, però molto attraente se l’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne provò con tutte le sue forze a comprarlo per allargare l’alleanza a tre con la Chrysler. Le cose, è noto, andarono diversamente: contro Marchionne in Germania si schierarono i potenti sindacati (forse intuendo in qualche modo quel che sarebbe poi accaduto in Italia fra Fiat e Fiom), la Spd e soprattutto la Gm. Che all’ultima ora tirò via dal tavolo negoziale la Opel, dando la fregatura a Marchionne come alla cordata russa-canadese Sberbank-Magna Steyr.

I principali motivi per cui la Gm, allora salvata dai prestiti dell’amministrazione Obama e dalla bancarotta pilotata, tolse dal mercato la Opel valgono ancora oggi. La Opel resta un centro cruciale di ricerca e sviluppo per l’intero gruppo Gm e vende pur sempre più di un milione di automobili in un mercato europeo malconcio. Rispetto a due anni fa, il marchio tedesco è in risalita da sette mesi consecutivi, segnando un +11,6% di vendite in Europa nei primi cinque mesi del 2011. Perché, anche in piena crisi e grazie anche ai soldi arrivati da Gm, la Opel ha fatto il contrario di quel che ha fatto la Fiat: investire comunque sul prodotto e riconquistare quote di mercato con modelli azzeccati. Di sicuro, la Gm non vende (se vende) la Opel alla Volkswagen, perché l’operazione s’incaglierebbe nell’antitrust.

A favore di una cessione, invece, ci sono altre considerazioni. La vendita della Opel, che ha perso 1,8 miliardi di dollari l’anno scorso e continua a perdere, porterebbe a Detroit una barca di soldi, considerando anche tutti i diritti da pagare alla casa madre che detiene la proprietà intellettuale di brevetti e pianali. Il capo del gruppo Dan Akerson, al volante dall’1 settembre scorso, non è un car guy affezionato alle macchine e alla storia, ma un uomo di finanza (un po’ come Marchionne). Il suo incarico precedente era la guida di Carlyle, colosso del private equity: 32 fondi, 31 miliardi da gestire. Martedì scorso ha tenuto a battesimo la prima assemblea degli azionisti dopo la bancarotta e ha dato numeri confortanti, ma senza ottimismo: 11,5% di quota mondiale nel primo trimestre contro l’11 del 2010, 36,5 miliardi di cash, un profitto di 4,7 miliardi di dollari grazie alla Cina, un ritorno trionfale in borsa a 33 dollari per azione. Oggi il titolo però naviga poco sopra i 28, il governo detiene ancora il 26% della Gm e vuole vendere, ma a questi prezzi perderebbe più del previsto. Per andare in pari, un’azione dovrebbe valere 53 dollari. In più, Akerson si è detto molto preoccupato per l’aumento del prezzo del petrolio e per l’alto tasso di disoccupazione. Vede nero. Vendesi Opel?

Lascia un commento