La Toyota non riesce a uscire dalla tempesta perfetta in cui è finita. Prima lo scandalo dei richiami delle sue vetture, oltre 10 milioni nel mondo, poi l’11 marzo scorso il terremoto, lo tsunami e l’emergenza nucleare in Giappone. I numeri sono crudi: in maggio, in Italia la Toyota ha perso il 30,37%, a fronte del primo debole segno positivo del mercato, +3,6%. In Europa, il gruppo giapponese ha guidato sempre in maggio  la pattuglia dei segni meno, perdendo il 9,5% in un mercato in risalita (+7,6%) grazie in particolare alla Germania, che porta il consuntivo dei primi cinque mesi a uno -0,4%. Negli Stati Uniti, la Toyota ha avuto un altro pessimo maggio, -33,4%, con la quota scesa al 10,2%, il livello più basso dal 2002. Qui, la casa madre ha comunicato che la produzione tornerà a livelli pre-terremoto dell’11 marzo entro settembre e non più novembre come precedentemente annunciato, mentre la Honda ha fissato in agosto lo steso obiettivo. A Nagoya prevedono oggi che l’impatto del disastro dell’11 marzo sui conti dovrebbe essere di almeno 4,4 miliardi di dollari.  Basta ricordare alcuni passaggi: nel solo mese di marzo, la Toyota ha prodotto in Giappone il 62,7% di vetture in meno, la Nissan il 52,4% in meno la Honda il 62,9% in meno. A fine aprile l’agenzia di rating Standard&Poor’s ha rivisto l’outlook per i tre gruppi da “stabile” a “negativo”, mentre per Toyota c’è chi ha pronosticato la perdita della leadership mondiale a favore della Gm a fine 2011. E se in America la produzione tornerà relativamente presto ai livelli pre-crisi una volta risolto il problema della mancanza di pezzi provenienti da fornitori in Giappone (problema condiviso con altri costruttori),  il crollo della produzione elettrica nel paese del Sol Levante resta un ulteriore elemento di instabilità per i produttori locali. In un paese dipendente all’80 per cento dal nucleare, l’intera industria dovrà fare i conti ancora a lungo con una disponibilità di energia limitata. Se la popolazione faticherà non poco a “cambiare stile di vita” per mancanza di luce, come ha chiesto il governo di Tokyo, ancora più complicato sarà  farlo (e in che modo?) per l’industria di qualsiasi tipo.

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