“Il sindacato ci ha completamente capito”. Lo dice Sergio Marchionne al Wall Street Journal nel luglio dell’anno scorso. Indovinate di chi parla? Di Uaw, United Auto Workers, il sindacato dei metalmeccanici statunitensi con 113.000 iscritti, e del suo capo Bob King. Oggi Marchionne si rimangia tutto e se la prende con King (con lettera via New York Times) per non essersi seduto di fronte a lui nella trattativa per il rinnovo del contratto, scaduto il 14 settembre.  King ha preferito vedersi con i manager di Gm (è lesa maestà?), dove ha avanzato la stessa richiesta di aumento salariale di 2 dollari l’ora per i neoassunti dopo la bancarotta del 2009, che prendono le metà degli altri operai a parità di ore lavorate. In Chrysler, questi paria sono tanti, più che in Gm. La lettera stizzita di Marchionne contro King fa definitivamente chiarezza (semmai ce ne fosse stato bisogno) che il problema non è la Fiom o Maurizio Landini come la Fiat vorrebbe far credere, ma l’idea che Marchionne ha delle relazioni sindacali dentro le sue fabbriche ovunque si trovino. Del sindacato che non lo capisce e di quello che lo capisce.

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