Mitt Romney va forte nelle primarie repubblicane, un moderato che insegue l’elettorato populista del Tea Party, un ibrido pronto a sfidare Barack Obama. Se così sarà in novembre, vale la pena ricordare un po’ di storia, per un duello che sembra ripetersi oggi in politica, ieri nell’auto. Il padre di Mitt, George W. Romney, prima di diventare governatore del Michigan, dirigeva l’American Motors (Amc), marchio nato nel 1954 da una fusione di due costruttori per sfidare le tre Big di Detroit, Gm Ford e Chrysler.  Amc ha successo negli anni di Romney  (ceo dal 1954 al 1962) grazie a un’intuizione, che si rivela però troppo precoce sui tempi: la sua Rambler è la prima auto compatta della storia americana, consuma poco e costa poco. Insieme alla successiva piccola Metropolitan, l’American Motors di Romney costringe le Big a virare verso modelli più contenuti. E non è un caso che le cose cambiano quando Romney lascia e Amc comincia a pensare ad auto costose, facendo flop. Nella sua breve storia  (1954-1987), il punto di forza di American Motors  è sempre stato quello di vedere lontano e di essere in anticipo sui tempi: spero che Romney figlio non abbia la stessa lungimiranza in politica. Continuando nel parallelo, Obama oggi rappresenta un po’ le Big  di Detroit, due delle quali ha contribuito a salvare nel 2009 con i prestiti federali. Parlando con Federico Rampini di Repubblica, Romney ha attaccato il presidente per essere diventato “azionista della General Motors“. Nel 2008, sempre Romney si schierò contro il salvataggio dell’auto (“Let Detroit go bankrupt”), per poi correggersi adesso che le cose vanno bene a Gm e Chrysler: “Ero e sono per una bancarotta controllata, non per un assegno in bianco”.  Ma lo stato del Michigan, un tempo governato dal padre,  oggi è tutto con il presidente.

Lascia un commento