Dall’Italia i capitali fuggono e non si investe più. O quasi. Come scrivevo del caso Audi-Ducati, o si punta su delle piccole eccellenze, oppure si viene qui a fare shopping. Basta avere soldi in tasca e gli affari in tempi di recessione sono assicurati. Anche perché per una multinazionale il problema non è l’articolo 18 o le relazioni sindacali, come sostiene il governo, ma una sola logica: se c’è profitto, è ok. In questa logica si è mosso il gigante Penske Automotive, il secondo gruppo americano di concessionari di auto, quotato in borsa a New York (Pag). Che ha creato una joint venture con Andrea Mantellini (e famiglia), proprietario di Vanti Group, concessionario Bmw e Mini di Bologna. L’obiettivo dichiarato è di acquisire e gestire concessionari auto in nord Italia. Fra i quali nel 2012 ci potrebbe essere una morìa come non mai, con un mercato in netta discesa e circa 10.000 posti di lavoro a rischio, secondo quanto denunciato da Federauto.
Mi chiamo Penske e compro concessionari
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I concessionari italiani come altre volte affermato vanno in ordine sparso come del resto fanno quasi tutti gli italiani per cui sono assoggettati ed assoggetabili alle case madri che impongo ristrutturazioni e showroom che tagliano le gambe economicamente alle imprese portandole a non riuscire a stare sul mercato che per parare i colpi devono vendere.
Questo và a svantaggio del cliente che si trova ad avere un prezzo fisso data dalla concentrazione e dalla mancanza di concorrenza per cui poi chi dice che la vendita o l’automotive non rende?