La Ford ha chiuso la fabbrica di Genk, in Belgio, mandando a casa 4300 persone. È’ la quarta in Europa dal 2010, dopo Termini Imerese ( Fiat) e Anversa  (Opel), questa e Aulnay (Psa) entrò il 2014. Genk  è un orribile caso scuola da tenere bene a mente per seguire con attenzione massima gli sviluppi europei  e della Fiat. Marchionne  e non solo potrebbero usarlo per dire: ecco cosa fanno gli altri per la crisi, noi no. Ma mai fidarsi.

Primi di settembre. Alan Mulally, il gran capo Ford, sbarca  ad Amsterdam  per annunciare a stampa e concessionari europei che il gruppo non molla l’Europa nonostante le ingenti perdite (1 miliardo previsto fine 2102), promettendo più modelli ma quasi tutti prodotti in altri continenti.La settimana dopo, il Wall StreetJournal scrive che Ford chiude Genk. Smentita, e a fine settembre , alla vigilia del Salone di Parigi, Ford tranquillizza gli operai e le famiglie di Genk, annunciando la produzione lì della nuova Mondeo da ottobre 2013, uno strano ritardo (l’auto è sullo stand a Parigi, dove anche la stampa crede a questo punto che Genk non chiuderà). L’inganno di Ford finisce in ottobre, la fabbrica viene cancellata dai  piani europei.

ps i crudi numeri dicono che a Termini Marchionne ha licenziato circa 2000 persone, la metà di quelli della Ford. Ma se si contano gli oltre 2000 non ancora riassunti dalla Fiat a Pomigliano (anzi oggi è arrivata nuova cassa integrazione per chi sta dentro),  la partita è tragicamente equivalente. Non per un piano industriale, ma per la vita delle persone che delle crisi finanziarie e dei mercati in caduta non hanno colpe.

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