Doveva succedere prima o poi, l’unica vera incognita era quando. La Casa automobilistica cinese BYD (Build Your Dreams, costruisci i tuoi sogni), aprirà la sua prima fabbrica cacciavite negli Usa, nella cittadina di Lancaster, a nord est di Los Angeles. L’annuncio è venuto in sordina, la settimana scorsa durante la visita del governatore californiano Jerry Brown ai quartieri generali dell’azienda cinese a Shenzhen. Altrettanto modesto è il volume iniziale degli affari: 10 autobus elettrici assemblati nell’impianto che saranno acquistati dalla municipalità di Long Beach a sud di Los Angeles, e messi in circolazione sulle strade cittadine. Ma è pur sempre un avvio. Gli autobus hanno 240 km di autonomia con le batterie interamente cariche, e sono disegnati e prodotti con parti quasi esclusivamente made in Cina. A Lancaster una dozzina di addetti faranno soltanto l’assemblaggio finale, nella speranza che le vendite salgano nel tempo e che l’impresa cresca di valore.
Settore e volume di produzione sono stati accuratamente scelti per non dare troppo nell’occhio e non attirare le ire xenofobe di chi avrebbe potuto gridare all’invasione prossima ventura. BYD non è certo un gigante automobilistico che parte alla conquista del mercato americano. L’azienda era balzata all’onore della cronaca nel 2008 quando, il miliardario investitore di Omaha Warren Buffet comprò il 10% delle sue azioni, ma da quella data la crescita dell’azienda nel settore delle auto convenzionali con motore a benzina è stata lenta, mentre la tardiva conversione verso l’elettrico stenta a decollare per mancanza di capitali. Eppure, se gli annali dell’industria ci hanno insegnato qualcosa, vale la pena di tenere d’occhio questo debutto, così come gli altri che inevitabilmente lo seguiranno.
Nel 1959 quando una oscura ditta giapponese si affacciò sulla costa californiana, lo fece con un timido investimento di 250.000 dollari nell’anonima cittadina di Torrance, e con tre impiegati assunti. Quell’azienda era la Honda. E sappiamo tutti come è andata a finire.