Ferdinand Piech non molla di un centimetro. Carlos Ghosn neppure. Alan Mulally non prima del 2015. Sergio Marchionne ha cancellato ogni impegno dal calendario. Al Salone di Francoforte, il dietro le quinte è più intrigante dello stand con auto luccicosa. Paradosso da Salone: il back è conservazione, il front è innovazione.
Piech, a 75 anni, ha fatto smentire con una dichiarazione di fuoco il quotidiano tedesco Handelsblatt (pure solitamente bene informato), secondo cui il presidente del gruppo Volkswagen (meglio sarebbe dire il padre padrone) si starebbe preparando a farsi da parte. Per dare spazio all’attuale amministratore delegato Martin Winterkorn e, a salire, manager più giovani (si fa per dire, sessantenni indistruttibili). A Francoforte proverò a chiedere a Herr Piech: fino a quando?
Ghosn ha appena cacciato il suo incauto delfino (che sarebbe voluto andare in Gm o Ford) e sbarrato la strada a futuri delfini. Ma lo sapete che sette anni fa anche Ghosn voleva andare alla Gm? Nel 2006, il colosso americano stava già nel disastro che avrebbe portato alla bancarotta del 2009. Kirk Kerkorian, imprenditore di origine armena oggi di 96 anni e classico self made man venuto su dal nulla, da azionista importante di Gm (9,9%) ero molto preoccupato per il suo business a Detroit. Nell’estate del 2006, chiese a Ghosn di prendere il volante della Gm insieme a quello di Renault-Nissan, che ovviamente rispose sì. A dire uno sdegnato no fu però il consiglio d’amministrazione del gruppo americano, e non se ne fece nulla.
Ghosn restò a malincuore a Parigi, Kerkorian vendette poco alla volta le sue azioni in Gm tornando a investire sul suo vecchio amore, le case da gioco di Las Vegas. Business meno rischioso, a quanto pare, dell’automobile. A Francoforte proverò a chiedere a Monsieur Ghosn: Tavares no, lei sì?
Al capo della Ford Alan Mulally invece non chiederò nulla. Il Mister ha già scelto il deflino e a 70 anni per lui nel 2015, non credo che il posto di ceo di Microsoft appena lasciato da Steve Ballmer sarà ancora libero (meno che mai per lui, come si è vociferato in questi giorni).
A Sergio Marchionne, infine, proverò a chiedere chi butterebbe giù dalla torre, anche se adesso (h10 9 settembre) ha improvvisamente annullato la conferenza stampa di Francoforte per domani. I giudici della Suprema corte italiana – che fanno rientrare in fabbrica la Fiom – o il giudice del Delaware che non decide sul prezzo delle azioni Chrysler ancora in mano al sindacato Uaw, facendo così pericolosamente slittare la fusione Fiat-Chrysler?