Non tutte le delocalizzazioni dell’industria dell’auto sono uguali. Ce n’è una, ad esempio, che inaspettatamente sta finendo pari e patta e che ci riguarda da vicino: quella della Fiat 500L che dall’estate del 2012 viene prodotta a Kragujevac, in Serbia.

Dai dati 2013 dell’import/export della nazione balcanica emerge che l’anno scorso lItalia ha soffiato alla Russia lo status di primo partner commerciale serbo e che esportazioni e importazioni fra Roma e Belgrado sono state equivalenti: la Serbia ha venduto all’Italia merci per 2,38 miliardi di dollari (1,6 miliardi di euro) e ne ha acquistate per 2,36 miliardi di dollari.

Dati inattesi perché nel 2013 il mercato italiano dell’auto ha assorbito 38.482 “500L” made in Serbia (www.carsitaly.net) di valore stimabile in 600 milioni di euro che in teoria avrebbero dovuto colorare di profondo rosso la nostra bilancia commerciale con Belgrado. Invece gli scambi sono andati in pari grazie soprattutto alla componentistica auto (dati su www.serbianmonitor.com e Ice).

Al di là del pari e patta complessivo con l’Italia, la 500L sembra aver fatto bene sia alla Serbia che alla Fiat.  Il Lingotto – che in passato aveva concesso alla Serbia la licenza della 600 e della 128 costruite dall’allora Zastava in oltre un milione di esemplari –  ha investito un miliardo per ricostruire dalle fondamenta la fabbrica di Kragujevac usando una montagna di soldi pubblici: la Banca Europea degli Investimenti ha messo a disposizione 500 milioni e per ognuno dei 3.500 assunti (che oggi lavorano su tre turni) è scattata un’esenzione fiscale di 10.000 euro dallo stato serbo che è socio al 33% di Fiat Serbija. Socio un po’ discolo per via dei ritardi nel versamento della propria quota di capitale pari a 90 milioni di euro.

La risposta dei mercati pare discreta. L’anno scorso l’Europa ha assorbito circa 75.000 vetture italo-serbe. Almeno altri 8.000 pezzi sono stati sbarcati dalle navi-bisarche della Grimaldi di Napoli nei porti degli Stati Uniti e del Canada e alcune altre migliaia di 500L sono finite in mercati minori come quello turco (2.500) e quello domestico (2.000 circa). Manca ancora la Russia che non ha ancora concesso alle auto “made in Serbia” lo status di prodotto privo di dazio che riserva a molte altre merci di uno stato tradizionalmente amico e che da Mosca importa grandi quantità di gas e petrolio.

L’effetto 500L  sull’economia serba, quantificabile in un giro d’affari di circa 1,5 miliardi di euro, è evidente. L’inflazione si è fermata anche grazie alla disponibilità di valuta pregiata garantita dall’export e l’anno scorso il Pil di Belgrado di appena 44 miliardi di dollari è salito del 2,6% sull’onda del +4,5% del comparto manifatturiero. I meriti della 500L però finiscono qui: la Serbia, che si avvia ad elezioni anticipate, resta sull’orlo della bancarotta, con una disoccupazione di circa il 15% che tiene i salari operai fermi alla media di 350 euro mensili.

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