Montezemolo dunque è fuori dalla Ferrari, dopo 23 anni di presidenza. Avevo scritto l’8 agosto scorso di dimissioni del presidente del Cavallino sul tavolo, costretto da Marchionne in una sorta di processo di impeachment iniziato da tempo e che ha portato a questo esito dopo l’accelerazione di domenica scorsa a Cernobbio. Eppure, non ho avuto animo di preparare un coccodrillo di Montezemolo, un prodotto che noi giornalisti facciamo quando qualcuno di importante è in odore di lasciare, di essere cacciato o di morire (già, nei giornali anglosassoni ci sono vere e proprie redazioni dedicate agli Obituary, al New York Times mi sembra ne abbiamo tipo 1.400 pronti).
Un coccodrillo, in gergo giornalistico, è il ritratto della persona che in vario modo se ne è andata. Naturalmente lunga vita a Montezemolo, che ha soli 67 anni, sta benissimo di salute e quasi certamente atterrerà sulla pista di Alitalia ed Etihad, appena questa nuova compagnia riceverà l’ok dall’Unione europea. Una soluzione che qualcuno mi aveva prospettato nel febbraio scorso e che oggi si fa, a mio parere, più concreta.
Per Montezemolo non riesco a scrivere un coccodrillo. Ha fatto bene e ha fatto male, esce a testa alta con risultati di bilancio record per l’azienda di Maranello e a testa bassa per i risultati disastrosi dell’ultima stagione di Formula 1 della Ferrari, “macchina di merda” secondo Niki Lauda. Ha dato e ha avuto tanto, compresa una liquidazione milionaria che i suoi legali hanno messo a punto nella partita a scacchi con Marchionne, sulla base sia degli anni passati a Maranello sia di un contratto firmato solo nel marzo scorso che prevedeva la poltrona di presidente per Montezemolo fino al 2017. Una persona normale non si lamenterebbe.
Marchionne diventa presidente della Ferrari, un suo uomo di fiducia andrà al posto dell’ad Amedeo Felisa sulla via delle pensione (scommetto su Harald Wester), Fca sbarcherà in borsa a Wall Street a partire dal 13 ottobre con il sorriso di tutti i protagonisti, dopo una figura internazionale che Lauda saprebbe definire meglio di me.
Dei tre comunicati di commiato e distinti, (incollo da Repubblica) segnalo: 1) Elkann freddo come al solito; 2) Marchionne dice grazie a Luca “ma”, sincero senza nascondere lo scontro; 3) Montezemolo costretto a rimangiarsi le accuse alla “Ferrari americana” di Marchionne, con parole che sembrano dettate dagli avvocati dell’ad in cambio di buonauscita, un grazie e una parvenza di “sono io a lasciare”.
Eccole: “La Ferrari avrà un ruolo importante all’interno del gruppo Fca nella prossima quotazione a Wall Street e si aprirà quindi una fase nuova e diversa che credo giusto debba essere guidata dall’amministratore delegato del gruppo. Finisce un’epoca e ho quindi deciso di lasciare la presidenza dopo quasi 23 anni meravigliosi e indimenticabili, dopo quelli passati a fianco di Enzo Ferrari negli anni Settanta”. Lacrime, chissà se di coccodrillo.
Di getto: Montezemolo per Ferrari è un’icona, che ha preso in mano un marchio sgangherato, privo di politica industriale di capacità stategiche, nonché di capacità di affrontare seriamente il mercato (con la prospettiva di finire come Aston Martin a voler essere generosi) e ne ha fatto il primo brand al mondo.
Marchionne con questo licenziamento si gioca una fetta importante del credito come CEO acquisito in questi anni. E poco importa che piazza Affari e Wall Street lo sostengano: aspettiamo a vedere come reagiscono i clienti degli Emirati in termini di ordini, poi ne riparliamo.