La Ferrari elettrica sarà svelata il prossimo 9 ottobre, è ormai pronta e non ci sarà rinvio. John Elkann ci mette la faccia, dopo essere entrato in modalità “couldn’t care less” (cit.) rispetto a un mondo dell’auto in fiamme. Fra dazi Usa che imperversano e venti contrari alla mobilità a zero emissioni, che si rafforzano con il pretesto per le destre mondiali (compresa la nostra) della guerra commerciale in corso. E nonostante principi di incendi a casa Stellantis, in pesante difficoltà e senza ancora un amministratore delegato, e a casa Ferrari Formula 1 (qui, manda per adesso solo pompieri).
La Ferrari tira dritto su tutto. L’annuncio di un aumento dei prezzi del 10% negli Usa per fronteggiare i dazi è stato fatto in largo anticipo sulla retromarcia in guida pericolosa di Donald Trump. A Maranello se lo possono permettere: date una occhiata all’ultimo bilancio stellare e al margine del 28%, il doppio di Porsche, quasi il triplo di Toyota primo produttore al mondo.
Non è un caso che la Ferrari pare sia stato l’unico argomento di cui Elkann non ha avuto bisogno di parlare con Trump il 31 marzo scorso. Meno male: il presidente americano per la Rossa non potrà mai riferirsi all’ingegnere con il suo celebre “kissing my ass”. Volgarità, che rimette in auge la finezza di Italo Calvino: “Uno studio sull’animo americano si può fare soprattutto osservando gli enormi didietro delle loro automobili”.
La Ferrari elettrica non slitta. Elkann deve averlo deciso dopo aver guardato i concorrenti che lui non chiama concorrenti. Lamborghini ha rinviato la sua prima elettrica al 2029, Bugatti al 2030 (forse), Lotus si è rimangiata l’all in elettrico, Rimac sta nei ripensamenti con la Nevera. Elkann se ne sbatte (mejo de’ Trump) e conferma in questo casino mondiale la prima elettrica Ferrari, sviluppata sotto un cielo di rinnovabili con i suoi 3.000 pannelli solari per l’E-building di Maranello.
Una bandiera, Yaki si deve essere ispirato a uno dei tanti motti del suo mito Warren Buffett: “Prevedere la pioggia non conta. Costruire arche sì”.