Non tutti sanno che Sergio Marchionne è “malato” di musica, qualsiasi musica. I bene informati mi dicono che nei suoi uffici non manca mai un sottofondo musicale proveniente da sofisticati impianti hi-fi. Non deve dunque sorprendere il suo recente riferimento a una famosa canzone dei Clash: “I am not going to do any more turnarounds. I’m done; let some of the young punks do it

Com’era prevedibile, su tutti i giornali italiani si è subito scatenata la caccia ai probabili successori che, a detta dello stesso Marchionne, saranno almeno due. In ogni caso, la definizione “young punks” la dice lunga circa la reale considerazione che Marchionne, aldilà delle apparenze, ha degli uomini della sua squadra. Nella migliore delle ipotesi, “young punks” sta per “giovani inesperti”, e taglia subito fuori alcuni presunti candidati, come Harald Wester e Cledorvino Belini, che giovani non sono.
Ma non abbiamo alcuna intenzione di partecipare al gioco dei nomi, mancano più di quattro anni alla scadenza indicata da Marchionne, e soprattutto l’ultimo ‘turnaround’, annunciato con il piano strategico 2014-2018 lo scorso maggio, è ancora tutto da fare.
Piuttosto, viene da chiedersi come sarà la “governance” di FCA dopo l’uscita di Marchionne. John Elkann ha già detto che non ha alcuna intenzione di farsi coinvolgere (“The family’s non-executive role has worked well“), e i cosiddetti “young punks” negli ultimi dieci anni non hanno avuto spazi sufficienti all’interno del gruppo per esercitare una vera ‘leadership’, ammesso e non concesso che fossero in grado di farlo.
La verità è che Marchionne ha goduto e gode di un potere decisionale neanche lontanamente immaginabile per aziende della dimensione di FCA, e chissà che la sua uscita non possa trasformarsi per FCA in una grande opportunità, quella di diventare – finalmente – un’azienda normale.
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