Niente saloni dell’auto, siamo svedesi. Con la nuova strategia globale di marketing “Volvo Way to Market”, la casa di Göteborg ha messo in discussione gli assiomi del settore e annunciato che ridurrà drasticamente sponsorizzazioni e presenza ai saloni. Gli sforzi del marchio si concentreranno su poche occasioni specifiche: più soldi nella Volvo Ocean Race – un evento considerato “puramente Volvo” – e partecipazione a un solo salone l’anno per regione geografica (sopravvivranno Ginevra, Detroit e Pechino/Shangai).
Anche il resuscitato Motor Show di Bologna 2014, con il suo minimo storico di 300.000 visitatori, sembra aver perso lo spirito di un passato in cui l’auto era declinata in un modo vero e verace (per ripetizioni si consiglia Goodwood, citofonare Lord March), non da concessionario ingessato. Questa deriva non fa che dar credito alla tendenza accentratrice e sul tema Alain Visser, Senior Vice President Marketing, Vendite di Volvo ci è andato giù col machete, cito: “I saloni dell’auto sono eventi alquanto tradizionali in cui le diverse case presenti cercano di attrarre l’attenzione dei visitatori in una lotta accanita per la più ampia copertura stampa”. Che tradotto fuori dai denti vuol dire: “Perché dovremmo continuare a spendere milionate in eventi noiosi dove le presentazioni si sovrappongono e non c’è il tempo – né per i visitatori, né per la stampa – di dedicare la giusta attenzione a ciascuna di esse?”
I saloni dell’auto con il loro contorno di figliole spalmate sulle auto, stand faraonici da milioni di euro e presentazioni in cui l’amministratore delegato di turno legge un copione pretendendo di essere entusiasta del nuovo lancio sono oramai un format che si ripete uguale a se stesso da tempo immemore. Ma mentre in passato gli show sembravano un abete la mattina di Natale, carico di nuovi modelli cui togliere il velo come fossero regali inaspettati, negli ultimi anni la tendenza delle case è di svelare le novità in date diverse, su Internet o durante eventi dedicati (vedi il recente “Hyundai Product Momentum”). Questa prassi sta togliendo progressivamente alle kermesse la loro attrattiva principale, se non l’unica, quella delle anteprime. Nell’ottica della visibilità, la scelta ha una sua logica: meglio avere tutti gli occhi addosso in un giorno qualunque, che dover lottare per catturare l’attenzione nel contesto competitivo di un salone.
Questa strategia ha però un punto debole: c’è differenza tra mostrare le immagini di un’auto e mostrare l’auto, oggetto fisico e tangibile. Di quest’ultima ci si può innamorare, delle sue proiezioni no. Allora chiedo: fino a che punto si può digitalizzare l’auto senza snaturarla?
Posto che il MotorShow non è un salone dell’auto (secondo me), la chiave di tutto è nell’ultima tua affermazione. Io vado ad un salone, nel dettaglio Ginevra, per vedere le auto. Dal vivo.
Voi giornalisti venite (giustamente) invitati agli eventi dedicati e/o testate l’auto in anteprima; chi vive, come me, fuori dalle grandi città vedrà di rado una di quelle auto, fotografie a parte. E non parlo necessariamente di supercar da centinaia di migliaia di euro…
Credo Volvo abbia fatto quelle scelte per una decisione di marketing e per risparmiare, non per una vera e propria sfiducia nel sistema attuale: negli ultimi anni stanno cercando di svecchiare il marchio e proporlo ad una clientela giovane e generalista che, non avendo l’interesse di un appassionato, non farebbe mai ore di treno/auto per andare ad un Salone quando può vedere le foto sulla sua bacheca Facebook.
I saloni sono come le fiere di settore (sono esattamente le fiere di settore del comparto automotive): ad esse vanno i professionisti e gli interessati dall’argomento, non il pubblico generalista, che al massimo ne vede un sunto di tre minuti nelle rubriche dei telegiornali.
Una piccola riflessione: forse il rivelare in anteprima le auto può essere un vantaggio per il visitatore; in tal modo può pianificare la visita in modo da dedicare più tempo a ciò che gli interessa veramente.
Buongiorno Riccardo, trovo che ogni capoverso del tuo commento meriterebbe un post a parte. Sono osservazioni interessanti di cui – chi scrive per lavoro – dovrebbe tenere conto, come per esempio l’ultima tua nota. Spesso dico che noi giornalisti ormai capiamo poco della realtà circostante perché non prendiamo più un autobus… E bravo Andrea a essere capace di suscitare dibattito. Seguici Riccardo, e grazie fp
Ciao Riccardo,
le tue osservazioni sono tutte molto lucide e condivisibili. Per prima cosa bisogna separare i saloni “classici” dagli show come Goodwood e il Motor Show (quello dei tempi andati, almeno), poi bisogna chiedersi quale sia la funzione delle kermesse tradizionali e tu centri tutti i punti. Lo spunto del mio pezzo era proprio cercare di capire quale ruolo avessero le esposizioni statiche di auto per i non addetti ai lavori, perché per addetti e giornalisti i saloni (secondo il mio modo di vedere) sono occasioni per vedere più le persone dell’auto, che le auto in sé.
Ma proprio perché gli appassionati si sbattono fino a Ginevra o Parigi o Francoforte, mi chiedo se tenere il format dell’esposizione statica continuerà a pagare per sempre. Magari una sezione che dia la possibilità di fare un giro sulle novità presentate, anche solo sul sedile del passeggero, restituirebbe un po’ di senso a quello che sempre di più – ripeto, a mio modo di vedere, perché io un’auto non la “capisco” se non la vedo in movimento – sta diventando una costosissima simulazione 3D.
Grazie per avermi dato nuovi spunti di riflessione, Andrea
Per me conta molto l’esperienza, devo dire. E quanto segue è basato su di essa.
Ad esempio la gente giusta. Così come voi addetti ai lavori ne approfittate per incontrare le persone responsabili della creazione delle vetture esposte, io ne approfitto per viaggiare con amici, spesso persone che vedo una manciata di volte l’anno, con la quale ho la possibilità di parlare alla pari sulle tematiche di un mondo dell’auto che attrae sempre meno i miei coetanei (classe 1989, “millennials don’t buy cars”), con cui sarebbe impossibile pensare di intavolare le lunghe discussioni che animano le ore dl viaggio.
Per questo posso anche accontentarmi del vedere, ma non toccare. Al momento, per uno come me, è già “tanta roba”.
Questi miei amici, essendo appassionati da più anni di me, hanno anche le conoscenze ed il savoir-faire per ottenere test drive di gran parte dei modelli che gli interessano, quindi si può affermare che non abbiano problemi a toccare con mano (ed anche provare) le auto. Però da decenni, ogni anno, vanno a Ginevra. Oramai è una tradizione, come la prima della Scala o il Festival di Sanremo, si va là a vedere, poi al ritorno si commenta, cose del tipo “quest’anno era peggio”, “una concept così brutta non l’avevo vista dall’edizione del 2004” oppure “hai visto che mancava la tal casa automobilistica?”.
La possibilità di provare le vetture sarebbe un’esperienza interessante, a patto che venga ben organizzata, magari con un sistema di prenotazioni online per evitare lunghe code che servono solo a far perder tempo agli interessati.