Giusto alla vigilia della rassegna di Ginevra, la più importante dell’anno, butto lì una provocazione che sarà poi uno dei temi del #ForumAutoMotive di metà marzo a Milano. Hanno ancora senso i Saloni dell’auto?
Per gli organizzatori, finché arrivano espositori e pubblico, evidentemente sì: con le auto, per un paio di settimane l’anno almeno si riesce a riempire o quasi grandi e costose strutture permanenti come quelle delle Fiere. E l’indotto pure, dagli allestitori ai ristoratori e alle hostess ci guadagna. Dal punto di vista degli espositori, però, da qualche anno esserci non è più un must. Partecipare costa. Molto. E comporta anche un impegno organizzativo non indifferente. Vale la pena, nei casi in cui non si ha molto di nuovo da dire? O quando le novità ci sarebbero, ma vanno bene per un pubblico e per mercati differenti?
Non per caso, anche i Saloni dell’auto di riferimento hanno cominciato a registrare importanti defezioni, che non si giustificano solo con le conseguenze e il protrarsi di una crisi economica che nel settore dell’auto ha fatto tante vittime a partire dal 2008. Se ben ricordo, Ferrari non espone più da tempo a Detroit, tanto di clienti ne ha molti di più in California che in Michigan. Porsche ha fatto lo stesso a periodi alterni e Lamborghini si è presa una pausa quest’anno, insieme a Jaguar, Land Rover e Mini, che starà ferma un giro pure a Ginevra.
Strategie di marketing? Semplici calcoli di convenienza? Non solo. Si pensi invece al boom di presenze delle Case automobilistiche al CES di Las Vegas. Una rassegna dove non sono più le auto, con le loro qualità di base, a rendere appetibili anche i dispositivi che imbarcano. Viceversa, le applicazioni diventano gli oggetti del desiderio del consumatore di auto. Ed è proprio questo rovesciamento di prospettiva che spinge a chiedersi se possa reggere ancora e fino a quando il format tradizionale dei Saloni dell’auto. Perché esibire, come tutti, la solita concept o l’ennesimo restyling, quando si può puntare su una più agile esibizione di tecnologie (non necessariamente proprietarie) in un Mobile World Congress? Chiedere a Ford – che al meeting di Barcellona svelerà la nuova Ka, mentre a Parigi in autunno non ci andrà – per credere.
Purtroppo non aiuta a tenere in piedi la baracca il dato dei visitatori. Che non calano quando va bene. E anche sotto questo profilo bisogna mettere nel conto, di nuovo e come minimo, che le auto non fanno più sognare come un tempo, se non per la connettività crescente e i vari sistemi di assistenza alla guida di cui si può verificare l’utilità e l’efficienza in un test drive, non in un tradizionale Salone-vetrina. E chi vive l’auto come una commodity perché dovrebbe pagare per fare il giro di quaranta Case in una Fiera come quello delle concessionarie nella propria città? E spenderci un’intera giornata quando le informazioni fornite dai media vecchi e nuovi permettono già a tavolino di restringere a due-tre modelli il campo di scelta della vettura da comprare? Mi fermo qui, e volutamente non parlo dei giorni di Salone dedicati alla stampa. Su cui ci sarebbe da riflettere ancora di più.
Le novità ormai non vengono neanche più presentate ai saloni, spesso quelle che lo sono vengono svelate qualche giorno prima dell’apertura dei saloni stessi, cosa che sinceramente comprendo poco.
Ormai si è arrivati a far provare i prototipi delle auto ai giornalisti del settore per anticipare non so cosa se non, forse, la “fame” di notizie (del tutto inutile, a mio parere) creata dal web e dai social network in un settore che, giocoforza, non può mettersi a sfornare nuovi modelli, allestimenti e motori nel giro a “ciclo continuo”.