Quest’anno non andrò a Ginevra, sarà una bestemmia ma ritengo non ne valga la pena. Show a parte, tra le 130 anteprime mondiali non mi pare ci siano novità in grado di sconvolgere il mercato. Dalla Bmw Serie 2 Grand Tourer a 7 posti (se ne sentiva il bisogno?) alle Renault Kadjar, Opel Karl, Hyundai Tucson, Mazda CX-3, Volkswagen Touran, Honda HR-V: sono tutti prodotti interessanti ma francamente con un contenuto innovativo limitato, aspetterò che arrivino nelle concessionarie.

Parafrasando le parole di Carlos Ghosn, nella recente intervista a Luca Ciferri di Automotive News Europe (“Europe is not growing, it is recovering. There’s a big difference“), c’è una grande differenza tra non perdere soldi (o diminuire le perdite) e fare soldi. I prodigiosi turnaround europei, annunciati a vario titolo da gran parte delle Case, da PSA a FCA, sono senza dubbio apprezzabili, ma per fare soldi, quelli veri, ci vogliono soprattutto prodotti innovativi, vale a dire prodotti che, o creano un nuovo segmento, o riscrivono le regole del segmento in cui competono, polarizzando la scelta dei clienti.

Nel frattempo, in assenza di una big idea, meglio concentrarsi su ciò che si ha, anche per non distrarre l’attenzione della rete di vendita. D’altra parte, la profittabilitá di un modello dipende dall’andamento delle vendite durante l’intero ciclo di vita (e di conseguenza dallo sfruttamento della capacità produttiva nella fabbrica dove viene prodotto) e dagli sconti necessari per ottimizzare i volumi.

Ecco perché a Ginevra vedremo (vedrete) esposti parecchi nuovi modelli che sono in realtà dei restyling di quelli attualmente in commercio, e che naturalmente rientrano nelle 130 anteprime mondiali annunciate, dalla Peugeot 208 alla BMW Serie 1, dalla Land (o Range?) Rover Evoque alla Volkswagen Sharan alle Toyota Auris e Avensis (ma la fanno ancora?). In effetti, sarebbe sbagliato considerarle novità di serie B, dal momento che in molti casi rafforzare la loro competitività nell’arco del ciclo di vita rappresenta una priorità assoluta.

Così come sarebbe sbagliato pensare che un restyling non possa essere un’opportunità per introdurre innovazione. Lontani sono i tempi in cui a 2-3 anni dal lancio bastavano alcuni ritocchi di facciata (facelift) per mantenere un prodotto fresco ed appetibile. Un esempio eccellente viene proprio dall’Evoque, un modello che negli ultimi anni ha dato un contributo formidabile, sia dal punto di vista economico che di sviluppo del marchio, al brand Range Rover. Evoque si trova oggi a fronteggiare una concorrenza feroce, rappresentata non solo dai tre premium tedeschi con Jeep, Volvo, Lexus, ma anche internamente dal nuovo Discovery Sport.

A quattro anni dal lancio, per proteggere i volumi del “nuovo” Evoque, in Inghilterra hanno scelto di puntare su contenuti tecnologici in grado di complementare il profilo iconico del design, che rimane sostanzialmente immutato, a parte le grandi prese d’aria sul paraurti anteriore, una nuova griglia, e nuovi cerchi in lega. Niente facelift dunque, ma fari full LED di tipo adattivo, un nuovo impianto multimediale con schermo da 8 pollici, nuovi dispositivi di sicurezza attiva come Lane-Keeping Assist, Autonomous Emergency Braking e Attention Assist Estimation, e soprattutto i nuovi motori diesel Ingenium (gli stessi che saranno montati sulla nuova Jaguar XE) che partono da un CO2 di 109 g/km.

Per le novità assolute, bisognerà aspettare la versione convertible che arriverà sul mercato il prossimo anno, ma sarà vera innovazione o solo una provocazione?

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