Nell’epoca in cui molte case stanno pensando a sistemi alternativi di mobilità (basti pensare a Ford, GM e Mercedes), in cui il car sharing la fa da padrone e Uber pare possa crescere a dismisura, ho trovato un paio di numeri in una ricerca di Morgan Stanley che mi fanno sorgere una domanda spontanea: ma se stessimo tutti sbagliando e, alla fine, i consumatori volessero un’altra cosa?
La ricerca di Morgan Stanley (l’autore è Adam Jones, un “auto specialist” appassionato di Tesla e di mobilità alternativa), si basa sulla realtà americana ma, essendo l’America il secondo mercato mondiale di auto, forse vale la pena guardare cosa fanno.
La famiglia media americana possiede 2,2 auto, con circa il 20% che hanno 3 o più auto. A questo numero va associata una notevole diminuzione dell’utilizzo di ogni auto incrementale superiore alla seconda macchina, rendendo il costo per miglia economicamente sfavorevole. Nella maggior parte del Paese, le famiglie con due genitori che lavorano e hanno due figli posseggono, almeno, due auto. E questo è per i bisogni primari relativi al trasporto. Poi ci sono un sacco di americani che hanno parcheggiate in garage la cabrio per l’estate, il SUV per qualche weekend in campeggio o un pickup per andare a tagliar legna. E che dire dei millennials? Siamo a livelli di prestiti per auto agli studenti mai avuti prima in America: ma non erano quelli che non volevano auto ma solo smartphone?
E’ sicuramente affascinante pensare che Uber e il car sharing cambieranno il mondo, ma, secondo me, affinché i numeri dell’industria auto americana possano cambiare in modo significativo, si dovrà prima cambiare la personalità degli americani, che amano avere le auto parcheggiate nel loro giardinetto e mangiare un sacco di junk food.
Una ricerca Exane di gennaio stimava la crescita delle persone utilizzatrici del car sharing da 5 milioni nel 2014, a 32 nel 2020, ad oltre 200 nel 2030 (globalmente). Questo dovrebbe tradursi in una riduzione del parco auto di circa 10 mln di unità entro il 2020, 70 entro il 2030. Se pensiamo che i veicoli in circolazione nel mondo sono circa un miliardo, 70 mln sono un’inezia.
Basandoci sui numeri che abbiamo al momento, lo scorso anno sono stati vendute un numero record di auto in America e la Cina: ciò ha permesso di stimare che le vendite globali di auto per il 2016 saranno circa il 42% più alte rispetto al 2009, il più forte aumento della storia del settore. Siamo nel settimo anno di un ciclo globale record per le auto. Il precedente più lungo è stato quello tra il 1982 e il 1990 (che arrivava dopo un periodo di contrazione di quattro anni con vendite in calo del 15%): non c’è mai stato nella storia dell’automotive un ciclo più lungo di 8 anni.
Complici di cotanta espansione sono stati i tassi ai minimi storici e il petrolio basso, forse più la prima che la seconda: quando entrate in un concessionario (in America come in Italia) il venditore vi propone di comprare l’auto facendo un finanziamento. Ecco che il livello del debito dell’automotive in America è circa il 26% più alto rispetto ai livelli del 2007, ma il numero di auto vendute è lo stesso. Anche il livello dei subprime per le auto (quei debiti di basso livello che hanno innescato la crisi del 2008 e il conseguente fallimento di Lehman, spiegati tanto bene nel film La grande scommessa) sta notevolmente crescendo nel settore, diversamente dal resto dell’economia americana, dove sono ai minimi.
In America, i pagamenti delle rate mensili dei prestiti auto sono invariati dal 2002, anche se i prezzi medi delle transazioni sono aumentati del 30%, con la durata dei prestiti divenuta più lunga rispetto al passato (66 mesi in media), e valori residui finali molto alti. In Europa, dove i consumatori comprano più auto premium proprio perché lo fanno finanziandosi a tassi bassi, i produttori di auto hanno raddoppiato dal 2007 ad oggi i loro asset finanziari arrivando a 400 miliardi e hanno leasing per più di 80 miliardi di euro (Bmw è la più esposta, con un “lease book” equivale al 77% del suo market cap). Se i tassi salgono e la domanda cala ci potrebbe essere un problema per il settore, anche se con i numeri attuali non c’è il rischio di una bolla finanziaria legata all’automotive.
Quindi? Mi risulta difficile pensare che in America nei prossimi 14 anni il car sharing e la mobilità alternativa diventeranno predominanti, perché sarebbe come dire che gli americani saranno tutti vegani.