Negli ultimi tre anni, alla Volkswagen – primo gruppo mondiale e dieselgate a parte – è mancato tanto un b-suv. Modello di una categoria in crescita, con una lunghezza massima entro i 4 metri e 30 centimetri e una carrozzeria alta da terra senza avere necessariamente la trazione integrale, anzi.
In Italia, sei dei primi dieci suv/crossover più venduti negli ultimi dodici mesi appartengono proprio a questa categoria, con le due di Melfi Fiat 500X e Jeep Renegade prima e seconda e con la Ford EcoSport a chiudere in decima posizione.
Entro l’anno, Volkswagen colmerà il buco in gamma con la T Roc, di cui il marchio tedesco ha appena diffuso le prime immagini camuffate. Oggetto del desiderio (del mercato) che presumibilmente si andrà a posizionare sui 4 metri e 20 di lunghezza, sorella solo sulla carta meno nobile della Audi Q2, sicuramente meno cara.
Il b-suv è un buco che Volkswagen condivide curiosamente con il secondo gruppo mondiale, la Toyota. I giapponesi hanno investito molto sul segmento C spingendo bene in particolare con la CH-R venduta quasi esclusivamente in versione ibrida (niente diesel in listino, ed è un segno dei tempi) ma frenando di fatto sul segmento B. Dove anche la Toyota Yaris, berlina cinque porte, è stata solo rinnovata spostando più in là il lancio della nuova generazione e non dando segni di vita per correre nella categoria più calda in Europa. Anche se la CH-R, con i suoi 4 metri e 36 di lunghezza, si può considerare un b-suv border line (come la Dacia Duster).
Viene quasi il sospetto che la prossima Yaris (“work in progress”, ci hanno risposto a precisa domanda al quartier generale di Bruxelles) potrebbe apparire entro la fine del 2018 anche sotto le forme inedite di un b-suv con una decina di centimetri in più in lunghezza dell’attuale berlina. Per completare la gamma e provare a migliorare la redditività che in questo segmento – quando c’è – è quella che è.
Fantamercato. Nel frattempo su quello reale piovono b-suv, dal prossimo della Seat a quello appena annunciato della Hyundai di nome Kona. Tra i marchi pop non manca più nessuno (Renault volendo ha pronto il Kwid indiano, oltre alla Captur già best seller). Assenti non giustificati soltanto Volkswagen e Toyota. I primi saranno gli ultimi.
Un mercato come quello italiano, pesantemente influenzato dalle km 0 e dalle autoimmatricolazioni (pratica portata all’estremo proprio da FCA e per la quale è stata pure indagata negli US) difficilmente si potrebbe considerare un indicatore attendibile per capire cosa è “in” e cosa “out” a livello globale.
Per Toyota, buttarsi sui suvvettini stile renegade o qashqai sarebbe una bella zappata sui piedi, visto il successo dei suoi pick-up in America, ma anche in Asia.
Il gruppo VW, invece, sembra molto concentrato a rifarsi la verginità con l’elettrico, e sinceramente di un obbrobrio (costosetto) come il Q2 ne avrei fatto volentieri a meno. Molto meglio il bestione Atlas: grosso, confortevole, pratico, senza fronzoli stilistici, come piace da quelle parti.
E comunque credo che per certi segmenti siano meglio nomi come Seat e Skoda.