Salone di Ginevra, vale sempre la candela per chi fa il mio lavoro. Certo, non ci sono auto pieghevoli come i telefoni del World Mobile Congress di Barcellona, ma il prossimo 5G servirà lì e qui.
Ginevra resta la migliore di queste manifestazioni, nonostante siano crescenti le defezioni da parte dei costruttori (qui oggi 7 marchi, mai successo). Il ragionamento? Non ha quel ritorno che giustifichi ciò che si spende.
Vero, falso, non lo so: forse sbaglio, ma alla fine i conti si dovrebbero sempre fare soltanto con il prodotto. Se uno ce l’ha – bello e competitivo – morettianamente si nota di più se ci sei. Altrimenti salti un giro, e nessuno si strapperà i capelli.
Di novità e anticipazioni sono pieni i siti mondiali. Personalmente, attendo il prototipo del suv medio Alfa Romeo. Perché è un modello da ultima spiaggia per il marchio, da costruire a Pomigliano nella palazzina di fronte a quella della Panda. Non c’è ancora la linea ma Scott Garberding, successore da ottobre di Stefan Ketter, fin qui il boss della produzione di Fiat Chrysler, mi risulta ci abbia già pensato.
Non aggiungo d’altro perché mi ha colpito di più quanto sostiene – ai margini di Ginevra (o forse molto più dentro di qualsiasi stand) – Patrick Artus, economista francese esperto non di auto ma di economia internazionale e politica monetaria. Più disincantato, dunque.
Secondo i suoi calcoli, le nuove regole europee sulle emissioni impongono il 37,5% di riduzione media sulle vetture nuove da qui al 2030. Significa, dice Artus, che il parco veicoli da vendere per quella data dovrà essere grosso modo metà elettrico, metà ibrido. Una rivoluzione per i costruttori, che come ogni rivoluzione porterà morti e feriti, soprattutto nel mondo del lavoro. A fianco però di nuove nascite per gli investimenti sull’innovazione. Le proiezioni di Artus, come quelle per esempio del gruppo Volkswagen, sono pesanti quanto incomplete.
Il che fare? Non si possono più difendere l’esistente o una progressività più morbida verso l’elettrificazione. L’industria è in ritardo perché la politica finora glielo ha permesso. Cambiamenti climatici radicali richiedono cambiamenti di passo radicali. O si sta di qua o di là: solo Trump pensa di istituire oggi un gruppo di lavoro che smentisca l’emergenza climatica.
Una verità è che se più di vent’anni fa Gm, allora leader mondiale, non avesse ucciso nella culla la sua auto elettrica, saremmo avanti. E se contemporaneamente Toyota non avesse rischiato i suoi investimenti sull’ibrida, staremmo ancora peggio.
Vedi Ginevra e poi non muori. Salone scintillante, ma fuori l’aria che tira è un’altra. E poi non muori perché non è Napoli. E soprattutto noi giornalisti non siamo Goethe.
Il commento al salone lo trovo racchiuso nel tuo incipit: “… il 5G servirà lì e qui.”
L’innovazione, l’IOT, la gestione dei big data e l’AI, “passa” tutto da lì. Domina su tutto la connettività. L’oggetto auto, anche come icona d’innovazione e design, piaccia o no, è scivolato sempre più in secondo piano. Non la mobilità.
Il grande fascino del design di cui l’oggetto auto é stato protagonista è stato via via immolato sull’altare delle logiche della standardizzazione, della semplificazione, dell’ottimizzzione dei costi di produzione, con il risultato che gli è stata tolta l’anima… lasciando solo la percezione di tanti cloni…