Passo di domenica 29 dicembre primo pomeriggio da corso Francia dove la settimana scorsa due ragazze di 16 anni sono state falciate da un suv guidato da un ventenne in una notte sbagliata, e devo quasi fermarmi per un rallentamento. Non è colpa dei fiori dietro il guard rail e dei curiosi, ma di un altro incidente: non sembra grave, tre auto apparentemente coinvolte in un tamponamento, polizia e non autoambulanze. Pazzesco, nello stesso punto.

Corso Francia è una strada a sei corsie dentro la città di Roma con il limite di velocità a 50 km/h. Ci sono i semafori ma non ci sono rallentatori stradali, né telecamere visibili, né autovelox fissi. Nessuna deterrenza. Che significa? Basta cliccare Google sul telefono che tutti abbiamo sempre in mano. Qualcuno, troppi, anche mentre si è al volante.

Corso Francia è da sempre così. E’ uno specchio di quella Roma deformata che fa star male e nel quale delle vittime della strada ci costringono a specchiarci ogni giorno che passa. Corso Francia è colpevole insicurezza stradale diventata quotidianetà. E pensare che prende il nome dal ricordo della via Francigena, la via dei pellegrini per Roma fin dal nord Europa. Una via di pace.

Invece oggi corso Francia è due ragazze falciate da un coetaneo in una notte sbagliata, è altri figli e altri genitori che non dormono più come ci raccontano cronache dolenti, è un ulteriore atto d’accusa d’insufficiente sicurezza stradale.

E’ anche un messaggio in ritardo per tutti: chi si sente immortale, quello stato pericoloso che non ci fa vedere il pericolo, abbia il sospetto che il tempo davanti può finire in un niente quando a volte ce lo dimentichiamo. A qualsiasi età, da genitori e da figli.

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