L’auto che salva la vita, quanto volte ho scritto più o meno così seguendo gli sviluppi della guida autonoma. Ma oggi non è di questo che voglio parlare. Ce ne è un’altra che è quasi pronta e sta per entrare in strada. Senza bisogno di intelligenza artificiale. Una cosa da vera #fase2.

Mi rifaccio gli occhi. Dell’altra, quella a guida autonoma, ho visto tanti stop and go, problemi per ora insuperati da algoritmi e calcolatori di una potenza inimmaginabile, ottimismo e smorfie di scienziati. Mi è capitato di alzare le mani dal volante facendomi guidare da un robot invisibile per brevi tratti, non senza qualche apprensione e senza mai perdere di vista l’ingegnere (umano) al mio fianco. Questa sarà l’auto per la sicurezza stradale: a un incrocio, due persone potrebbero comportarsi in modo opposto e fare un incidente anche mortale, due computer no. Banale, ma questo è.

Oggi è un’altra auto che salva la vita. L’ho vista in televisione (#iorestoacasa vale per tutti), l’ho vista da lontano in luoghi dove in altri tempi sono stato per lavoro e anche per piacere. E’ l’auto che si mette al servizio dei sistemi sanitari nazionali, in due modi: con la trasformazione di spazi destinati ai Saloni dell’auto in ospedali d’emergenza, la cosa più tangibile, e con una parziale riconversione industriale per respiratori e mascherine che invece non vediamo.

La prima succede negli Stati Uniti. Fatico a togliere lo sguardo dai lettini montati all’interno del Javits Center, il centro congressi più grande di New York che ha raddoppiato i suoi spazi nel 2006 e sede del Motorshow di aprile già annullato. Il Javits sta nel cuore di Manhattan, l’ultima volta che ci sono stato mi ero seccato perché Sergio Marchionne lo aveva disertato facendomi scrivere, con un po’ di stizza, che di Nyc preferiva solo Wall Street, un po’ più giù. Pensa te.

A Javits c’è l‘auto che lascia il posto a un ospedale salvavita. “Siamo orgogliosi di aiutare”, scrivono sul sito gli organizzatori in una città ferita. Ci può essere di meglio, soprattutto per chi di noi oggi fa questo mestiere?

Cambio canale e vedo scene simili a Detroit, fuori e dentro il Cobo Center dove il Motorshow si è svolto sempre nel gelo di gennaio. L’avevano spostato a giugno per la prima volta e hanno dovuto annullare e rinviare al giugno 2021. “Sarà un evento come il mondo automotive non ha mai visto”, danno appuntamento sul loro sito.

A Detroit ora quest’area sta diventando un’auto salvavita: un ospedale da campo nello stato delle quattro ruote, colpito duramente dal coronavirus proprio per la presenza di molte fabbriche dove  troppa gente ha lavorato fianco a fianco sulle linee fino a poco tempo fa. Inspiegabilmente, come è l’America guidata oggi pericolosamente da Trump.

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