Ci sono tre indizi da calendario che fanno una prova. Più l’indizio di un tradimento che forse gli provoca rimorso, prova a rimediare con un altro indizio e siamo a un passo da un’altra prova. Nel suo film “Il sol dell’avvenire”, Nanni Moretti ci mette di tutto, giusto a trent’anni da “Caro diario” (1993) e a sessanta da “Otto e mezzo” (1963) di Federico Fellini con cui la pellicola dialoga a modo suo.

Quale che sia il giudizio, l’opera di Nanni marca però un’assenza: lui non guida più una Vespa, fin qui prosecuzione della sua vita personale e cinematografica con altri mezzi, ma inforca un monopattino elettrico con cui gira intorno a piazza Mazzini a Roma (“il mio quartiere”). Tradimento a sua insaputa, buccia di banana sulla strada del nuovo che avanza come si diceva ai suoi (nostri) tempi o che altro? E se la retta via sembra tornare sul no a Netflix e ai “190 Paesi”, perché sbandare con un sì al monopattino condiviso, oggetto tipico da globo terracqueo?

Fra streaming e mobilità, nella narrazione morettiana la Vespa ha un posto ben preciso. La sua 125 GTR blu del 1975 (in foto) – ormai donata al Museo Nazionale del Cinema di Torino ed esposta alla Mole Antonelliana – è il filo visibile che avvolge in “Caro diario”. Ci attraversa una Roma semideserta d’agosto, “beh Spinaceto pensavo peggio non è per niente male”, anche se ancora oggi il quartiere è fuori dal perimetro dove poter noleggiare monopattini. Viene quasi il dubbio che il regista abbia abbandonato la Vespa per colpa di Giorgia Meloni: “Sì, la cosa che mi piace di più di tutte è vedere le case, vedere i quartieri, e il quartiere che mi piace di più di tutti è la Garbatella”.

Eppoi c’è il 15 agosto del 2020 ore 13,50, première su Instagram. Nanni guida una Vespa bianca, una più piccola e automatica Primavera, con cui a Roma da Monte Mario discende per le curve della Panoramica e imbocca viale Mazzini. Quasi tre minuti di piano sequenza di spalle che lo riporta sulla omonima piazza. Sono passati 27 anni da “Caro diario”. Sarà un modo per dire sono qui, anzi siamo sempre qui.

Poi in un niente sono già trent’anni e ne “Il sol de l’avvenire” si consuma quel tradimento che noi fan bipolari di Vespa e Nanni non meritavamo. C’è però traccia di un rimorso verso la fine del film che sembra un segnale: per un attimo sbuca sul set una Vespa, a occhio una 125 faro basso di quegli anni’50, non guidata da lui.

Riconciliazione, giustizia, memoria, chissà. O forse ha ragione Guido Anselmi, protagonista di “Otto e mezzo” e alter ego di Fellini: “La felicità consiste nel poter dire la verità senza far mai soffrire nessuno”.

@fpatfpat

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