La foto di Mao Tse-tung, immerso nel fiume Yangtze e accompagnato da notabili o guardie nel corpo, è del 16 luglio del 1966. Fece il giro del mondo sulle prime pagine di giornali e periodici. Rivedendola adesso, mi sembra la fotografia di quel che sta succedendo oggi all’auto elettrica cinese. Come si propone e come viene raccontata.

Quel 16 luglio, Mao aveva 72 anni ed era appena tornato al potere dopo esserne stato escluso per il fallimento della politica del “Grande balzo in avanti”. Uscito dallo Yangtze, si asciugò e passò alla “Rivoluzione culturale”. La foto di Mao settantenne capace di nuotare nell’immenso fiume (il terzo al mondo, quasi 7mila chilometri) fu un’invenzione di marketing politico: Mao era ancora forte per sfidare quell’enorme portata d’acqua. In realtà, il “Quattro volte grande” non fece che affidarsi alla corrente e seguirla.

Ecco, l’auto elettrica cinese fa come Mao. Si presenta, o meglio, viene troppo spesso presentata in occidente come un’eroina dei nostri tempi, leader sfidante e pericolosa per la nostra industria e per i nostri mercati. In realtà, l’auto elettrica cinese non fa che seguire la corrente. Avanza sospinta, dal suo paese e dai tempi, dopo essere stata messa in acqua da un governo che non ha mai frenato sulle zero emissioni, nonostante continui a sbandare fra zero democrazia e cento miniere di carbone.

Fare come Mao? L’ultima stima su come è andata in Cina rispetto a certi ritardi e ripensamenti dell’occidente sull’auto elettrica è di un think tank di Washington, il Center for Strategic and International Studies (CSIS): fra il 2009 e il 2023, il Paese dell’estremo oriente ha investito complessivamente sul sistema di mobilità sostenibile 230,8 miliardi di dollari, con fondi triplicati nell’ultimo triennio preso in considerazione. Un’altra corrente.

E attenzione, scrivono questi analisti, perché la cifra è “altamente conservativa”: nel conto mancherebbero gli incentivi locali di città di decine di milioni di abitanti come Shanghai, agevolazioni statali sul prezzo dell’energia destinata alla mobilità elettrica e altro ancora. Si capisce meglio perché, nel luglio scorso, in Cina per la prima volta il 50,7% di veicoli venduti è elettrificato. Bev e ibridi plug-in.

Il prossimo ottobre saranno i 90 anni della “Lunga marcia” voluta da Mao nel 1934, durata un anno. Poi fra dieci sarà il fatidico 2035. I 100 anni di quella di Mao, l’anno zero per quella dell’Europa delle zero emissioni. Ma per noi sarà appena un inizio. O per essere rischiosamente critici come nella “campagna dei cento fiori”, forse.

@fpatfpat

Commenti
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    Caro Francesco,
    l’attuazione della Grande Rivoluzione Culturale fu affidata alle Guardie Rosse, ovvero bande di ragazzini esaltati che con tribunali improvvisati e giudizi sommari in pratica azzerarono un patrimonio culturale che si perdeva nella notte dei tempi. Noto una certa affinità con l’imposizione dell’elettrico in Europa e la distruzione del vantaggio tecnologico che abbiamo sempre avuto come industria, a fronte di impatti risibili sull’ambiente (l’Europa è responsabile dell’1% delle emissioni di CO2 a livello mondiale) ma ben più seri sull’occupazione. Anche in questo caso, ideologia e politica non stanno certo facendo gli interessi della gente.
    Con immutati affetto, stima e amicizia…
    Marco

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    Giusto per tranquillizzare: per la Grande Rivoluzione Culturale della mobilità non avremo bisogno di moderne Guardie Rosse o di una inedita Banda dei Quattro. Credo però servirà mettere in discussione un po’ della nostra vita (oltre a investimenti, innovazione, ricerca, etc). Come capita solo nelle grandi ripartenze della storia, quando si vince e si perde

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