La Germania del vincitore delle elezioni, Friedrich Merz, è la stessa della Germania della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen? La domanda è naturalmente dal punto di vista automobilistico, ragione sociale di questo blog. Il fatto che i due militino nello stesso partito, la Cdu, non è la risposta. Di sicuro, la Germania di Merz dovrebbe essere molto diversa da quella del cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz, immagine sbiadita un po’ per suo demerito e un po’ per colpa della stella (ormai caduta) di Angela Merkel e dei suoi lunghi 16 anni al potere.

Merz vuole che la Germania torni a pesare – e molto – sulle decisioni di Bruxelles, cosa che potrebbe ridurre gli spazi di manovra di von der Leyen, abile ad allargarsi a scapito della debolezza dell’asse carolingio per carenza di leadership, da Scholz a Emmanuel Macron. E la Germania di Merz è molto più conservatrice di quella della presidente della Commissione europea (oltre che di Merkel). Su tutto, a cominciare da temi come l’aborto o l’immigrazione.

Uscito dalla politica tedesca nel 2002 proprio a causa dell’ingresso trionfale di Merkel, Merz ha lavorato come avvocato d’affari ad alti livelli. Per studi legali anche statunitensi come Mayer Brown e aziende come BlackRock, la più famosa società di investimenti d’oltreoceano, nonché per una lobby transatlantica fra Germania e Stati Uniti. Considerato il più americano dei tedeschi, per sua ammissione ha sempre avuto come mito Ronald Reagan. Legato mani e piedi agli Usa, non ha tuttavia esitato a usare parole forti (e inedite a Berlino), subito dopo il risultato elettorale e gli sproloqui di Donald Trump e del suo vice JD Vance contro l’Europa: “La priorità assoluta è raggiungere l’indipendenza dagli Stati Uniti”.

La Germania di Merz è deregulation, per quel che qui interessa dal punto di vista economico. A suo tempo, la Cdu, pur spaccandosi, è stata decisiva nell’approvare il bando delle auto endotermiche in Europa dal 2035. Ma adesso, il partito maggioritario di Germania – insieme all’alleata Csu che conta sul capogruppo del Partito popolare europeo Manfred Weber (fratello coltello di von der Leyen) – ci ha ripensato e vuole tornare indietro. Direi che è pronto a spaccarsi ancora e non sarebbe una novità: Merkel ha portato la Germania fuori dal nucleare, Merz la vuole riportare dentro.

Il rischio è che, con Merz e von der Leyen, la Germania abbia due cancellieri a Bruxelles. Sul bando delle endotermiche, bandiera del Green Deal d’Europa, la presidente della Commissione europea ha dimostrato di essere intenzionata a tenere duro. Sostenuta da socialisti, verdi e sinistra, nonostante la corriera europea uscita dalle ultime elezioni sbandi sempre più a destra. Fino a quando, è la domanda che ogni giorno l’industria dell’auto è costretta a farsi come sfogliando una margherita. L’impensabile, per chi è obbligato a pianificare almeno a cinque anni bullone su bullone (vabbè, chip su chip).

Che aria tira nella nostra Europa? Pessima. Proprio ieri, Initiative on GHG accounting of war, un gruppo indipendente di esperti climatici, ha diffuso dei dati sul costo ambientale della vicina guerra in Ucraina. In tre anni, sono state prodotte emissioni climalteranti inzeppate di CO2 pari a quelle emesse (è uno dei loro esempi) da 120 milioni di automobili in un anno. Fatti due conti, poco meno del vetusto e dunque inquinante parco circolante di Germania, Francia e Italia messi insieme, con età media rispettivamente di 10, 10,8 e 12,5 anni (dati Acea per il 2022). Vade retro elettriche. Già che ci sono: il mentore di Merz è Wolfgang Schäuble, falco dell’austerità, tanto per essere ottimisti sugli evocati incentivi europei per l’auto a zero emissioni.

Merz è contrario ai dazi per le Bev cinesi, von der Leyen li ha messi. Grande è la confusione sotto il cielo, direbbe Mao. La situazione? Volevo mori’ (cit.)

@fpatfpat

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