La luna di miele tra Mary Barra e la Gm è durata solo un paio di settimane prima che la pratica dei moduli di accensione difettosi arrivasse sulla sua scrivania. Tredici anni di documenti accumulati, separati dalla lunga pausa a cavallo della bancarotta, con la quale il vecchio management aveva sperato di seppellire il difetto. Dal 10 luglio del 2009  alla fine di gennaio di quest’anno, quando il caso ormai incontenibile è arrivato al vertice dell’azienda, gli incidenti causati da un interruttore dell’accensione instabile che chiude il circuito elettrico con l’auto in movimento e disattiva gli air bag, sono stati 23. I morti 26.

La pratica era già una bomba, e la nuova Ceo della prima azienda d’auto d’America se ne è resa immediatamente conto. E’ uscita allo scoperto con un’ammissione di responsabilità: “Qualcosa è andato tremendamente storto in questa storia”. Ha preso possesso, dicono i media americani, del potenziale scandalo, e con questo atto ha già ammortizzato l’impatto emotivo che una tale notizia scatena tra il pubblico e i consumatori. Barra ha ordinato un’inchiesta interna, ha promesso chiarezza ai suoi dipendenti e ora si appresta ad esporsi alla gogna mediatica di una audizione congressuale fissata per il primo di aprile.

Barra ha agito con coraggio? E’ troppo presto per dirlo. Le esperienze disastrose del passato hanno oramai affinato un rituale di circostanza che si nutre appunto di queste apparizioni in pubblico dei manager di vertice, delle scuse solenni, dell’annuncio della spesa record per riparare i danni. Sotto questa vernice bisognerà appurare quando esattamente la signora Barra è venuta a conoscenza del problema, e se non lei chi altro, e cosa è stato fatto (o non fatto).

Quello che sappiamo già dalle carte processuali – e che la stessa Gm ha scritto – è che l’azienda ha sigillato in gran segreto alcune pratiche giudiziarie bollenti con altrettante liquidazioni pecuniarie, e che in diversi altri casi ha rotto le comunicazioni con i clienti che protestavano, fino a  minacciare ritorsioni.

Nell’aprile del 2009, a tre mesi dalla bancarotta, la Gm aveva tutte le prove in mano: sapeva quanto esteso era il difetto, e che era potenzialmente fatale. Mary Barra aveva appena lasciato la posizione di vice presidente dello sviluppo delle auto  del gruppo su scala mondiale. Possibile che fosse troppo in alto per esserne toccata, come dicono ora a Detroit? E si può davvero credere che Bob Lutz – che era il responsabile principe dei progetti dell’azienda – fosse totalmente all’oscuro, come ha detto lui stesso una settimana fa?

Saluto con rispetto l’assunzione di responsabilità del capitano Barra di fronte al richiamo, ma aspetto anche di sapere a chi va attribuita la colpa del ritardo e degli insabbiamenti che hanno mietuto tante vittime. La prima senza la seconda non ha nessun valore, nella facciata come nella sostanza.

 

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