Scrivo di Harald Krueger, l’amministratore delegato del gruppo Bmw svenuto martedì davanti agli occhi (miei compresi) della stampa internazionale martedì mattina al Salone di Francoforte, solo perché ci sono finalmente notizie certe di un suo pronto ristabilimento. Non mi piacciono le speculazioni sulla vita degli altri. La settimana prossima sarà di nuovo al lavoro, ha detto ad Automotive News Europe Norbert Reithofer, presidente di Bmw e predecessore di Krueger. Reithofer  non si sarebbe esposto pubblicamente se questa non fosse la verità. Qui il link. Molto bene.

Krueger, 50 anni il prossimo 13 ottobre, è il più giovane dei Ceo (o amministratore delegato) più importanti della comunità automobilistica mondiale, un segnale forte da parte del gruppo tedesco del lusso. La nomina è del maggio scorso e a Francoforte era (purtroppo per lui) alla sua prima uscita pubblica.

In un comunicato, Bmw aveva fatto sapere che Krueger non stava bene prima di intervenire sul palco, il resto lo avrebbero fatto la pressione, l’emozione, la stanchezza. Il suo volto sfigurato per un attimo mi aveva impressionato molto, facendo temere di peggio. Poi avevo saputo che all’infermeria del Salone, dove è stato subito portato, gli avevano fatto avere delle banane e del potassio, una conferma immediata che insomma non sarebbe stato nulla di grave.

Il caso Krueger  ci dice però due o tre cose più generali, sulle quali riflettere.

1) Bmw ha annullato la conferenza stampa, durata pochi minuti. A  Monaco, come credo altrove (off the record, un manager di un’altra Casa me lo ha confermato) non c’è un piano B in questi casi, come avviene se il presidente degli Stati Uniti perde il controllo o in caso di assenza del nostro presidente della Repubblica. Nessuno dei vertici di Bmw aveva imparato a memoria la presentazione per essere in grado di sostituire il numero uno. Ci saranno cambiamenti d’ora in poi nella gestione della comunicazione di crisi anche ai vertici del top management?

2) Quando un ceo come Krueger guadagna milioni di euro con responsabilità su miliardi di fatturato e su migliaia di persone sparse su più continenti, si deve stare bene anche quando si sta male. Il rischio calcolato di non farcela non è previsto. Dal mio piccolo, sono in disaccordo: perché lo spettacolo deve sempre andare avanti?

3) La carriera di Krueger resta aperta, anche se nel mondo spietato dei ceo e degli azionisti un malore potrebbe essere considerato una debolezza grave, forse perfino peggiore di una malformazione cardiaca. Chiedo: non sarebbe ora di accendere tutti una lampadina rossa su questa corsa allo stress che, con le dovute proporzioni, macina ormai il mondo del lavoro a tantissimi livelli complice la troppa tecnologia di uso quotidiano?

Lascio il punto interrogativo perché, come si diceva una volta, quando vedo questo e altro vorrei fermare il mondo e scendere. E perché non ho risposte come quelle di Elon Musk, ceo di Tesla, che al suo biografo Ashlee Vance ha affidato queste parole: “La mia mentalità è quella di un samurai, preferirei fare harakiri che fallire”.

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