Se non ci fosse, un Tavares bisognerebbe inventarselo. Volenti o nolenti noi italiani, nonostante tutto innamorati delle nostre auto e della nostra industria automotive, dobbiamo partire da qui per affrontare e governare il ciclone Tavares. Perché questo è la nascita di Stellantis: nel bene e nel male un salto di qualità che cambierà tutte le carte sul tavolo sia della vecchia Fiat che di tutta la filiera della componentistica italiana che marcia su 2.200 imprese e i loro 200.000 dipendenti.
I numeri raccontano una verità che dobbiamo smettere di infilare sotto il tappeto. Nel 2020 la rete industriale ex Fca ha sfornato in Italia appena 717.000 autoveicoli (furgoni compresi) che arrivano a 1 milione aggiungendo i tre stabilimenti in Polonia, Serbia e Turchia. Questo aggregato europeo ha prodotto perdite per 918 milioni di euro nell’anno. Ma, poiché gli stabilimenti esteri ex-Fca vanno discretamente, è ragionevole pensare che i 7 stabilimenti d’assemblaggio italiani abbiano registrato un deficit superiore al miliardo.
Per completare il quadro, va detto che nell’ultimo trimestre la rete Fca europea, anche per la buona spinta degli stabilimenti di Melfi e di Atessa in Abruzzo che da settembre hanno viaggiato a pieno regime, è tornata in utile per 66 milioni di euro. L’ex Fca, insomma ha messo in cascina una montagna di soldi in America (oltre 5 miliardi) ma come detto ha perso molto in Europa.
Lo scenario offerto dalla rete industriale (e bancaria) di Psa è opposto. In un anno difficilissimo Psa ha venduto in Europa 2,1 milioni di autoveicoli (sui 2,5 mondiali) e nel Vecchio Continente ha raccolto praticamente tutti i 3,4 miliardi di utile messi a bilancio anche se per un terzo derivanti dai prestiti della sua banca.
Un’ultima considerazione: le due aziende fuse in Stellantis si equivalgono, ma Psa è più efficiente e lo si capisce dal cash flow, ovvero dalla “semplice” differenza fra entrate e uscite, che vede Psa svettare a 2,7 miliardi e Fca cavarsela con un onorevole (considerato l’effetto Covid) rimanenza di 600 milioni di euro.
Questi dati hanno il merito di spazzare via una delle considerazioni provinciali che vanno per la maggiore in Italia: Tavares asfalterà le fabbriche italiane per difendere l’occupazione francese. Non c’è proprio nulla da asfaltare in Italia. E Tavares, come sanno bene i sindacati transalpini, negli ultimi anni ha fatto scendere dolcemente del 5% all’anno i posti di lavoro in Francia. Psa è molto meno francese di quanto si creda. Tanto che proprio pochi giorni fa ha trasferito la produzione di un gruppo di propulsori endotermici dalla Francia ad uno stabilimento ex Opel in Ungheria.
Cosa significa tutto questo? Che, Tavares o non Tavares, le fabbriche italiane d’auto non potevano andare avanti con questo misto di modesta produzione e forti perdite. Non solo. Ma l’intera filiera del settore, di importanza strategica in Europa visto che l’anno scorso i costruttori tedeschi chiesero ad Angela Merkel di aiutare l’Italia altrimenti non avrebbero potuto assemblare le loro vetture, è arrivata assieme alle fabbriche Fiat ad un bivio: sono chiamate a produrre meno “bulloni” e più elettrico ed elettronica.
Ci sono cento modi di ristrutturare questo nuovo gigante. Potremmo lasciar fare tutto a Tavares, oppure noi italiani – ovvero il governo Draghi, i nostri sindacati e i nostri imprenditori – possono provare a metterci bocca. Cosa può dare un gigante come Stellantis all’Italia? Poche cose ma importanti.
Primo: il rilancio mondiale di Maserati e Alfa Romeo, unici marchi in grado di contrastare il predominio tedesco, richiede di mantenere ad alto livello la qualità del lavoro nelle fabbriche italiane e con essa una buona quota del valore aggiunto manifatturiero. Secondo: Jeep copre solo l’1% del mercato europeo contro il 4% in Usa e il 7% in Brasile. E’ ragionevole che alle fabbriche italiane vengano assegnati nuovi modelli di questo marchio per “invadere” l’Europa con una rete commerciale finalmente degna di questo nome. Terzo: Psa è all’avanguardia nella creazione della filiera europea dell’elettrico, è opportuno che le imprese italiane facciano la loro parte. Quarto: è fondamentale un rapporto di collaborazione e non di “comando” con la filiera della componentistica italiana, impaurita per l’arrivo in forze in Italia di Faurecia, l’azienda di componenti satellite di Psa, che con i suoi 100.000 dipendenti è enormemente più grande di ognuna delle 2.200 aziende italiane del settore.
I prossimi mesi saranno cruciali per capire quale ruolo l’automotive italiano saprà conquistarsi in Stellantis. A Tavares spetterà dimostrare in Italia, dopo le sue eccellenti performance dal 2014 con Peugeot e dal 2018 con Opel, se è un manager “scultore”, ovvero capace di ottenere risultati riducendo il proprio perimetro d’azione, oppure se è un capo d’azienda “pittore”, bravo a cancellare ciò che è “brutto” pennellando un’azienda mondiale.
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