E se ci fosse anche un po’ di razzismo nella storia finale di Carlos Ghosn? In tempi di “cancel culture” e di “politically correct” esasperati, questo sarebbe l’ultimo degli ingredienti di una vicenda internazionale fatta fin qui di potere, soldi, geopolitica. E di immaginario cinematografico, se si guarda al modo spettacolare in cui il top manager è riuscito a fuggire dal Giappone.

Insomma, l’altro giorno un amico mi manda un lungo articolo di Le Figaro su Ghosn nel quale Nissan viene accusata senza giri di parole di averlo fatto fuori per fermare la fusione con Renault. E’ più o meno quanto si era scritto nel mondo nel novembre del 2018, quando il manager venne arrestato appena sceso dal suo jet all’aeroporto di Tokyo.

I colleghi francesi si sono però studiati tutte le carte processuali per le quali la giustizia giapponese ritiene Ghosn – da presidente Nissan – colpevole di pesanti illeciti finanziari mentre il suo stretto collaboratore, l’americano Greg Kelly, è sotto processo da mercoledì 12 maggio. Il procedimento durerà a lungo e si prevede una sentenza non prima dell’anno prossimo. A occhio, Kelly potrebbe pagare anche per il suo ex capo grande assente.

Le Figaro scrive che i manager giapponesi di Nissan avevano architettato insieme a dei giuristi un piano per liberarsi di Ghosn con il nome in codice “Charcoal”. Carbone.

Ora, in occidente c’è chi chiama i giapponesi i “gialli” (qualcuno mette davanti anche “musi”) che non è daltonismo improprio ma razzismo puro, amplificato al tempo dagli effetti della seconda guerra mondiale. Ma è quantomeno strana coincidenza che il nome in codice scelto sia “Charcoal” per un uomo scuro di carnagione come Ghosn, nato in Brasile da genitori libanesi.

Agli inizi del ‘900 cittadini giapponesi sono migrati a ondate in Brasile a cercare fortuna, come molti libanesi, molti italiani e altri ancora. Nel paese sudamericano una comunità di origine giapponese superava anni fa il milione e mezzo di persone, perfettamente integrati e chiamati (con scarsa fantasia) i brasiliani dagli occhi a mandorla.

Ghosn ha fatto il percorso inverso e in prima classe, salvo finire anche lui come il Titanic. Magari esagero, ma quanto mi suona sospetto l’uso del termine “Charcoal”. Al New York Times hanno licenziato per molto meno.

@fpatfpat

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