Auto elettrica in Giappone

Auto elettrica sempre sul banco degli imputati. Questa volta l’accusa arriva nascosta dietro la forma di un sondaggio della società di consulenza McKinsey: secondo i risultati dell’indagine, elaborata sulla base di 106 interviste a possessori di auto elettrica in Giappone, un terzo degli intervistati non acquisterebbe di nuovo un veicolo a batterie. Gli acquirenti sedotti dal basso costo di gestione, da incentivi all’acquisto e dai buoni risultati dei test drive, secondo gli autori della ricerca, sono oggi insoddisfatti e farebbero un passo indietro per colpa dell’assenza di infrastrutture e per i prezzi non proprio ridotti delle ricariche.

Risultati indagine McKinsey su elettriche in Giappone
Risultati indagine McKinsey su elettriche in Giappone

I detrattori dell’auto elettrica saranno contenti. A noi però piace vedere il bicchiere mezzo pieno. Quello dei due terzi a cui l’elettrica piace e ne acquisterebbe un’altra. Il sondaggio poi non elenca, tra le cause di disaffezione, l’autonomia, vista invece da tutti come l’ostacolo principale alla diffusione: segno che i 130 – 140 km che in media garantisce oggi un pacco batterie è più che sufficiente. Senza considerare che, il traffico delle grandi città giapponesi e il clima freddo d’inverno e umido d’estate (difficile tenere spenta l’aria condizionata), mettono alla prova le elettriche come a Roma o Milano. Non c’è neppure un accenno all’elevato prezzo di acquisto (in Italia dal 14 marzo ci sono a disposizione gli incentivi). C’è poi il discorso del prezzo. Il costo dell’energia in Giappone dopo il disastro di Fukushima è cresciuto, come sottolinea anche l’edizione italiana della rivista del MIT Technology Review, del 15-20%: in queste condizioni è inevitabile che l’elettrica abbia perso parte della sua competitività. In altre parole, lo studio della McKinsey è un buon spunto di riflessione ma niente di più.

 

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