Bene in Italia, male nel Regno Unito. No, non sto parlando né del cibo, né della criminalità organizzata, ma del car sharing di Daimler, denominato Car2go, che mette a disposizione le piccole Smart Fortwo in 25 città nel mondo a più di 700.000 abbonati. Il sito ufficiale di Car2go, infatti, comunica che dal 30 maggio prossimo il servizio car sharing verrà sospeso nelle città di Birmingham e Londra. In quest’ultima, l’iniziativa è riuscita ad attrarre meno di 10.000 adesioni, un numero assai ridotto rispetto ai 110.000 iscritti di Roma e Milano o ai 70.000 diffusi in sette città tedesche, tra cui Berlino e Amburgo.

Il comunicato si schermisce affermando che “the unique challenges we encountered were more significant than expected”, un modo elegante per dire che i problemi burocratici derivanti dal coordinamento di 32 diverse municipalità e la “UK’s strong culture and tradition of private vehicle ownership” hanno reso economicamente non conveniente tenere aperto il servizio.

Il car sharing di Daimler non esclude un possibile ritorno quando i tempi si faranno più propizi e maturi, ma l’occasione è ottima per un paio di riflessioni sul fenomeno. A mio avviso, infatti, l’insuccesso dell’iniziativa non risiede tanto nella passione anglosassone per l’auto di proprietà. Il punto chiave è un altro: i mezzi pubblici, nel Regno Unito e a Londra in particolare, funzionano. Credo che lo stesso si possa dire per la Germania, dove appunto gli iscritti sono due terzi rispetto all’Italia, ma con un numero di città servite nettamente superiore.

La Germania ha, poi, un altro punto a favore dell’utilizzo dell’auto privata, quello dell’efficiente pianificazione urbana post-bellica, che rende la ricerca del parcheggio non una conquista del Santo Graal, ma un’operazione semplice e affrontabile. Il punto è la necessità: a Milano e Roma Car2go e Enjoy di Eni – dotato di Fiat 500 e 500L – rappresentano una seria e plausibile alternativa al trasporto pubblico e ai taxi. A Londra, a quanto pare, no. 

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