Le aziende quotate in borsa non possono permettersi dirigenti outspoken.  Permettetemi una moralina dopo che questo blog ha segnalato per primo due interviste clamorose di altrettanti top manager dell’industria dell’auto intuendo che non sarebbero passate senza conseguenze. E infatti i due sono stati buttati fuori nel giro di un paio di settimane.

E una seconda moralina (vabbè oggi è così): se sei quotato, anche una malattia va gestita secondo criteri di business. Jamie Dimon, a capo di JpMorgan e considerato il miglior banchiere del mondo (ma ci sarebbe molto da discutere su questo) ha deciso di rendere pubblico il suo cancro alla gola, pare curabile. Con una mail ai dipendenti fatta arrivare alla stampa, è riuscito ad attutire ogni contraccolpo sul business della più importante banca d’affari del pianeta, con effetti minimi sul titolo al Nyse (-0,7%). Mi viene in mente Steve Jobs che gestì diversamente la sua malattia, ma forse perché era più grave. Va detto che Dimon è nel suo genere  una sorta di portiere pararigori tipo l’olandese Krul: tra le altre, ha pagato senza flettere una multa del governo Usa da 13 miliardi di dollari per la truffa dei mutui subprime.

Tornando alla prima moralina, parlo di Thierry Peugeot, il più influente della famiglia proprietaria dell’omonimo gruppo francese messo fuori dal board di Psa dopo aver detto a Les Echos che l’accordo a tre con Dongfeng e lo stato francese gli faceva abbastanza schifo, e di Carlos Tavares, numero due del gruppo Renault che in pieno agosto dell’anno scorso dice a Bloomberg che vuole fare il numero uno al posto di Carlos Ghosn e si fa cacciare.  In questo caso, tutto probabilmente era stato preparato: nel giro di tre mesi è diventato numero uno del concorrente Psa. E che nessuno mi venga più a parlare di clausole di non concorrenza etc etc. Cazzate (pardon).

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