Salone di Detroit, tutti d’accordo nelle analisi: è stato il salone della riscossa verde per l’industria dell’auto. La seconda edizione della Chevrolet Volt da una parte, e la miracolosa Chevrolet Bolt dall’altra. La Nissan è pronta a rilanciare con una Leaf di lunga autonomia, e la Tesla ad affrontare la concorrenza diretta con le due Chevy , con la sua prossima Model 3. E poi una pletora di ibridi disseminati su tutto il fronte: tre versioni ‘alternative’ per la Ford Fusion Energi e un prototipo elettrico per la Focus, un concept plug-in per la Volkswagen, due plug-in da produzione per Bmw e Mercedes. La Hyundai ha ora due versioni ibride per la Sonata.

Quando anche la Chrysler si appresta a fornire un ibrido per  la prossima generazione del minivan di casa, non si può che concludere che la rivoluzione ambientalista alla fine ha conquistato il salone, e il mercato americano.

Il mercato, davvero? No, qui c’è da fare un passo indietro, uscire dal salone a confrontarsi con la scomoda realtà delle cifre.  Uno degli assiomi del mercato dell’auto è che quando si aggiungono modelli a un determinato segmento, il volume delle vendite si impenna. Bene, nel caso delle auto verdi, questo principio è stato tristemente contraddetto dalla realtà.

Nel corso degli ultimi cinque anni, ad esempio, il numero di ibride offerte negli Usa è salito dalle 24 del 2009 alle 47 del 2014. Ci si aspetterebbe un raddoppio delle vendite, e invece la quota del segmento rispetto al totale del mercato è salita dal 2,6 al 3% nel quinquennio. Non solo: il picco del 3,3% si è avuto nel 2013, mentre l’anno successivo a dispetto dell’introduzione di cinque nuovi modelli si è avuta addirittura una caduta dello 0,3% di quota.

Proporzioni diverse valgono per le plug-in elettriche, un segmento più giovane rispetto all’auto ibrida, e quindi più effervescente, tanto che negli ultimi anni è cresciuto in modo esponenziale. Ma anche in questo caso il volume complessivo è appena l’1% del mercato. E fuori dall’area stretta delle alimentazioni alternative, il settore delle auto dai bassi consumi è sceso l’anno scorso dell’8,8%.

La mia lettura personale di questi dati è che più della tecnologia e dal debutto nei saloni, la pancia del mercato è mossa dal costo del carburante. In tempi di rincaro e di crisi economica c’è stata una corsa alle auto dai bassi consumi, ma appena l’indice del Brent ha preso a scendere, gli americani si sono fiondati ancora una volta sui prodotti che più amano: i grossi Suv di lusso sono infatti il segmento più vivace del 2014 con un 14,2% di crescita, e i pickup hanno ripreso a volare dopo un decennio di tendenza depressiva.

La ciliegina sulla torta? Marchionne. Dalla cattedra del salone e di fronte al crollo del prezzo della benzina, ha detto che gli obiettivi di economia di consumi imposti da Obama non hanno più senso e che lui stesso è pronto per andare a negoziare una tregua a vantaggio dell’intera industria in una prossima visita a Washington.

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