Yamaha, colosso giapponese noto nel mondo soprattutto come marchio di moto, entro il 2019 metterà su strada un’auto a due posti, la Motiv. A entrare nel settore delle quattro ruote ci aveva provato senza fortuna agli inizi degli anni ’60, quando con Toyota aveva lavorato su un modello sportivo, per riprovarci 25 anni dopo con una supercar, con lo stesso esito negativo.

Tu quoque Yamaha? Viene da pensare che la prima notizia è che oggi sono tutti pazzi per l’automobile, da Apple a Yamaha tanto per fare gli ultimi due nomi a iscriversi alla gara. La seconda notizia è che la morte dell’automobile è stata annunciata prematuramente, per parafrasare Mark Twain.

Ma perché Yamaha ci vuole provare con una piccola auto a due posti con un tradizionalissimo motore termico (oltre a uno elettrico, ma questa è una ovvietà) nel momento in cui il tema del futuro presente è l’auto a guida autonoma? Ha senso progettare una due posti con uno sterzo e tutto il resto per fare concorrenza alla Smart e non alla Google car, Smart che forse non a caso è sola sul mercato dal 1997 e che fatica a fare soldi?

Ma sì, ci provi pure Yamaha. In fondo la Smart è nata da un orologiaio, oggi Android si butta negli orologi di lusso, c’è una tendenza alla verticalizzazione nata nella Silicon Valley a farsi tutto da soli e poi la storia è piena di gente che ha messo testa e soldi nell’auto senza entrarci niente. Sempre che quelli che lo fanno di mestiere abbiano capito tutto.

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