Potrebbe essere una questione di ore. Chissà. E comunque certi gesti si fanno a borse chiuse. Crediamo siano in molti nel mondo delle quattro ruote ad auspicare le dimissioni di Martin Winterkorn, amministratore delegato del gruppo Volkswagen sotto accusa in America per lo scandalo delle emissioni “truccate” (qui i particolari della vicenda). Molti lo pensano (sicuramente anche Ferdinand Piech, il padre padrone del gruppo e grande rivale di Winterkorn), ma solo qualche analista come Ferdinand Dudenhoeffer, direttore del Center for Automotive Research all’università di Duisburg-Essen, ha finora avuto il coraggio di sostenerlo apertamente.

Il ragionamento che si fa in questi casi  è uno solo: Winterkorn sapeva e allora se ne deve andare; Winterkorn non sapeva cosa combinavano i suoi sottoposti e la cosa è ancora più grave e se ne deve andare lo stesso.

Ora, leggendo la lettera che l’EPA ha scritto ai dirigenti della Volkswagen America (la trovate qui), si capisce come da circa un anno (la lettera parla genericamente di 2014) le parti discutevano dei valori delle emissioni delle auto tedesche non rispondenti alle norme statunitensi (ad accorgersene l’ICCT, l’International Council for Clean Transportation e la West Virginia University che avevano attivato il CARB e poi l’EPA). Errori tecnici, secondo i tedeschi. Fino a inizio settembre, quando hanno dovuto fare ammissione sul software della frode.

L’antefatto lo ha sottolineato anche il New York Times. E dunque: Winterkorn poteva non sapere nulla di una trattativa durata tutti questi mesi? Difficile. Se non impossibile conoscendo il tipo. A questo punto il boss della Volkswagen potrebbe essere quasi kaputt.

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