Non bisogna essere per forza appassionati di calcio per sapere chi è Michel Platini, presidente dell’UEFA, Le Roy ai tempi in cui giocava, quegli anni ottanta nei quali con la Juventus dell’Avvocato vinceva scudetti e coppe a ripetizione. Un po’ come la Fiat con i suoi modelli più commerciali, la Uno e la Panda su tutti. E, alla fine del decennio, la Tipo, della quale proprio in questi giorni la (ex) casa torinese sta lanciando sul mercato la nuova versione.

Già, l’Avvocato. Platini ne divenne il pupillo: forse nell’asso francese rivedeva una parte di se stesso. Identica furbizia, medesima scaltrezza, vezzi da star: Michel fu tra i primi, quando ancora non era una moda, a giocare con la maglia blanda fuori dai pantaloncini. Elemento di distinzione alla stregua dell’orologio sopra il polsino della camicia di cui Agnelli amava fregiarsi. E stessa vocazione aristocratica: il presidente e padrone della Fiat, al vertice di una piramide la cui base poggiava sulla fatica e i sacrifici di migliaia di operai, ne conosceva l’importanza senza spendersi troppo per riconoscerla. Alla stregua di Platini, che in campo aveva bisogno di compagni più umili e meno raffinati per poter sfoggiare la luminosità di una classe infinita, declinazione di un’intelligenza brillante, ironica e un po’ supponente.

Platini, sembrava invincibile fino a pochi mesi fa. Eppure il governo del calcio internazionale oggi appare determinato a voler disarcionare il condottiero francese, insieme a colui che, prima delle disavventure giudiziarie di questi ultimi giorni, era il suo avversario per poggiare la schiena sulla poltrona della presidenza della FIFA: Sepp Blatter. Oggi i due devono trovare una via d’uscita che li salvi dalla radiazione da qualsiasi incarico nel mondo della governance dello sport più seguito al mondo.

E’ vero: anche i numeri uno hanno le loro parabole. Percorrono, come direbbero i santoni del marketing, il loro ciclo di vita, quasi fossero prodotti di una società che li genera, da essi viene plasmata e poi li ripudia. Ma in quella che sembra essere la caduta di uno degli dei del calcio, si delinea una divergenza netta tra la curva a scendere dell’ex asso francese e il suo antico mentore, che nelle stanze del potere volteggiò agevolmente, arrivando alla fine del percorso senza mai cadere.

Chissà che suggerimenti avrebbe dato l’Avvocato a Platini per non rimanere invischiato in quella che sembra essere una trappola ordita dalle trame del potere calcistico per farlo fuori. Storie di pagamenti ritardati che odorano di mazzette, denunce ammantate del furore della giustizia manovrate dietro le quinte dei tranelli.

Platini ha giocato le sue carte per contrastare il potere di Blatter finendo vittima degli stessi peccati del suo avversario: difficile pensare che possa uscirne indenne.  Più plausibile aspettarsi che stiamo per assistere a un’ennesima rappresentazione della caduta degli dei. Forse anche l’Avvocato se la sarebbe immaginata diversa.

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