Vi dice niente il nome Travis Kalanick? E’ il CEO di Uber (era anche tra i candidati per diventare uomo dell’anno 2015 per Time, ma poi è stata scelta Angela Merkel). Questa società della sharing economy è diventata in cinque anni la più grande compagnia al mondo di taxi senza possederne uno: il numero di drivers negli Stati Uniti è più che raddoppiato nell’ultimo anno, arrivando a 400.000 autisti da 160.000, dopo un 2014 con soli 550 dipendenti.
Uber, fino all’estate scorsa, aveva una valutazione di 50 miliardi di dollari ma, dopo l’ultimo round di finanziamenti di questi giorni, siamo arrivati a 62,5 miliardi di dollari, valore superiore rispetto a quello di società come GM (55,2 mld) e Ford (55,4 mld), quasi il doppio di eBay (34,5 mld).
Ma cosa sappiamo degli utili di Uber? Quasi sicuramente, fino ad ora, ha perso soldi. Da alcuni documenti non ufficiali apparsi quest’estate sembra che nel 2013 abbia perso più di 56 milioni di dollari e, nella prima metà del 2014, oltre 160 milioni. Per quest’anno ci si aspettano ricavi di circa 2 miliardi di dollari. Pochi, rispetto a quelli (2014) di 18 miliardi per eBay, 136 miliardi per Ford e 156 mld per GM.
Come è possibile che Uber abbia delle valutazioni così alte? E chi la finanzia? E’ vero che perde soldi e brucia liquidità alla velocità della luce, ma quello che conta più di tutto è il tasso di crescita dei ricavi: per quest’anno sarà del 200% ed è proprio su questo tasso di crescita eccezionale che puntano gli investitori. Tanto più che le potenzialità di crescita di Uber, e il suo tasso di crescita, sono decisamente superiori rispetto a quello di società come GM o Ford. Cosa che almeno chiarisce perché gli investitori non manchino.
Ogni giorno Uber lancia qualche nuovo servizio: oggi uno collegato alla sua app. un servizio che consentirà di prenotare le auto “nere” direttamente tramite Messenger, l’app di messaggistica di Facebook. Questa possibilità al momento sarà offerta ai soli utenti degli Stati Uniti ma presto verrà estesa anche ad altri Paesi. Il 10 dicembre è partito a Seattle UberHOP (un servizio dedicato ai pendolari nelle ore di punta) simile a quello partito a Roma che si chiama Linea U e sarà attivo fino al 24 dicembre; a Toronto UberEATS (un servizio che vi permette di ordinare cibo e riceverlo quasi immediatamente).
Nell’ultimo giro di finanziamenti i soldi sono arrivati dai fondi Tiger Global Capital Management e T.Rowe Price (che hanno portato circa 2,1 miliardi di dollari), nelle tornate precedenti c’erano nomi come Goldman Sachs e persino Microsoft (che da sola ha investito 100 milioni di dollari).
Uber opera attualmente in 67 Paesi nel mondo e il numero di viaggi completati quest’anno, solo negli Stati Uniti, è aumentato del 250%, se confrontato con lo stesso periodo dell’anno scorso. Con i fondi raccolti fino ad ora, la società ha intenzione di espandere il proprio servizio coprendo oltre 350 città a livello mondiale (fino ad ora sono 70) e ha intenzione di investire almeno 1 miliardo di dollari in Asia, in particolare in India e Cina (ha appena ricevuto l’ok per operare anche a Jakarta, mercato ritenuto strategico).
La competizione, in questo settore, si sta intensificando a livello globale. Forse Uber sarà il vincitore su più mercati e, al momento, gli investitori sembrano proprio puntare su questo. Ma la competizione non è l’unico fattore di rischio. Ci sono anche le pressioni regolatorie (Uber è già stato dichiarato illegale in diversi stati) che possono minare alla radice il modello di business. D’altro canto le probabilità di riuscita si possono ritrovare, oltre che nell’alto tasso di crescita, anche nelle potenzialità di sviluppo ulteriore del network e nella spirale positiva che si può generare proprio dal network.
C’è poi un altro elemento, non secondario, che è l’affermazione delle auto a guiada autonoma. Se la driverless car prenderà piede nel giro di pochi anni, pensate alle potenzialità di un’app come Uber! La piattaforma diventerebbe un business davvero mass market e porterebbe efficienza in termini di costi e di mobilità per tutti.
Gli investitori sono attirati proprio da queste potenzialità, perché la sharing economy sembra proprio essere la gallina dalle uova d’oro. Secondo le stime della società di consulenza PricewaterhouseCoopers, il giro di fatturato della sharing economy è destinato a crescere fino 335 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni. E questo considerando solo cinque settori: finanza peer-to-peer, online staffing, car-sharing, streaming di musica e video, ospitalità.
Insomma, a quando la quotazione di Uber?