Ci risiamo. A seguito della Brexit, gli investitori si sono rivolti allo yen come moneta rifugio, e la valuta giapponese si è rafforzata nei confronti di euro, dollaro e di altre valute. Inevitabilmente, i bilanci dei principali costruttori, Toyota e Nissan in primis, ne hanno pesantemente risentito.

Nel primo trimestre dell’anno finanziario (che va da aprile a giugno), i profitti operativi di Toyota sono scesi del 15% a 642 miliardi di yen (5.7 miliardi di euro), mentre quelli di Nissan sono calati del 9% a 176 miliardi di yen (1.6 miliardi di euro).

Ambedue le Case hanno rivisto in ribasso le stime per l’intero anno, con Toyota che prevede a livello operativo guadagni per 1.6 trilioni di yen (14.2 miliardi di euro), il 44% in meno dello scorso anno, e Nissan che si aspetta un calo dell’11% a 710 miliardi di yen (6.3 miliardi di euro).

Parliamo comunque di cifre ragguardevoli, da fare invidia alla maggior parte dei concorrenti. Ma al solito Toyota ha reagito come se affrontasse la peggiore delle crisi: pur di risparmiare, in Giappone hanno perfino fermato gli ascensori e disattivato gli asciugamani elettrici nei bagni e l’aria condizionata negli uffici.

In quanto a Nissan, l’andamento sfavorevole del cambio potrebbe pregiudicare il raggiungimento di uno degli obiettivi chiave del piano pluriennale Power 88, vale a dire l’8% di margine entro marzo 2017 (l’altro é l’8% di quota di mercato globale), fissati da Carlos Ghosn nel giugno del 2011.

In this fiscal year, we are not thinking of achieving it” ha dichiarato la scorsa settimana il Corporate Vice President Joji Tagawa. Se così fosse, c’è da aspettarsi un terremoto ai piani alti di Yokohama, dal momento che Ghosn è sempre stato inflessibile sull’argomento: 8% operating margin is a commitment. This is a clean-houser“, aveva detto non più tardi dello scorso autunno, facendo capire chiaramente che sarebbero cadute delle teste in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo.

Nel frattempo, ha mandato un messaggio altrettanto chiaro al governo inglese, dicendo che le decisioni di investimenti futuri nella fabbrica di Sunderland, dove ogni anno vengono prodotti oltre mezzo milione di veicoli (pari a circa un terzo dell’intera produzione britannica), dipenderanno da “what’s going to happen in terms of customs, what’s going to happen in terms of trade, what’s going to happen in terms of circulation, particularly of the products.”

Sicuramente Ghosn non deve aver apprezzato che il 60% dei votanti di Sunderland si siano espressi a favore del ‘leave’, ignorando le raccomandazioni di voto a favore del ‘remain’ da parte sua e dei top manager inglesi della Nissan.

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