E dunque saremmo addirittura alla sopravvivenza di Fiat Chrysler, stando a quanto scrivono i due principali quotidiani statunitensi, New York Times e Wall Street Journal, in due articoli che analizzano la situazione di Fca sulla scia dei “rumors” delle ultime due settimane. Durante le quali il titolo è volato in borsa sulla base di voci e smentite di un interesse da parte di ben quattro diversi gruppi cinesi a comprare parte o tutto il gruppo guidato da Marchionne. Negli articoli si cita anche il nuovo piano che il manager si appresta a lanciare all’inizio del 2018, anche se entro aprile 2019 ha detto che andrà via.
Va sottolineato che in questo periodo Marchionne non ha mai parlato, né da amministratore delegato di Fiat Chrysler né da grande azionista, e tutto gli è stato attribuito. Ha però cancellato – come ha ricordato il New York Times – due sue partecipazioni ad eventi negli ultimi due mesi, l’ultimo il 17 agosto scorso. Di fatto, non compare in pubblico in America dal salone di Detroit del gennaio scorso.
“Survival”, per il Wall Street Journal e il New York Times. Mentre sul Detroit News Marchionne viene quasi accusato di tradimento: nel 2009 ha salvato Chrysler con i soldi anche dell’amministrazione Obama e ora (si legge) vuole disfarsi della più piccola delle tre di Detroit. Sarebbe la quinta volta nell’ultimo ventennio.
“Per la maggior parte degli ultimi due anni, Fiat Chrysler – ha scritto il New York Times lo scorso 22 agosto – ha apertamente cercato un partner per una fusione per sopravvivere nel lungo termine nell’industria globale del’auto. Parecchi grandi costruttori, inclusi General Motors, Ford e Volkswagen, hanno negato ogni interesse”. Il New York Times spiega poi le ultime vicende dell’interessamento di gruppi cinesi, confermando la rivelazione di Automotive News, e dà voce all’inquietudine di alcuni dealer per “l’abbandono di interi segmenti come le auto compatte” da parte di Fca, con le sei fabbriche statunitensi riconvertite tutte a suv e trucks entro la fine dell’anno.
“Marchionne è stato pessimista – ha scritto il Wall Street Journal il 24 agosto – sulle capacità dei tradizionali costruttori di auto di sopravvivere alla transizione verso veicoli completamente elettrici e a guida autonoma. Ha cercato un rivale più grande per l’acquisto di Fiat Chrysler. (…) Se il piano di sopravvivenza di Marchionne fallisce, analisti sostengono che la società e il suo principale azionista saranno forzati a fare uno spezzatino di Fiat Chrysler”.
Non parla di sopravvivenza Daniel Howes sul Detroit News, ma è durissimo, leggendo la storia dei “rumors” sulla vendita di Fiat Chrysler da un un punto di vista strettamente americano: “Giudicando sulla base della maggior parte delle proprie azioni, Marchionne e Fca hanno concluso che non sono in una posizione per competere. (…) Marchionne è troppo educato per dire: i costruttori sono in affari per fare soldi per i loro azionisti, non per provvedere al lavoro e alla pensione della loro gente”.
In Italia, di Fiat Chrysler invece non si parla. Come se non avessimo fabbriche di Fiat, Maserati Alfa Romeo, Jeep. Il dibattito politico economico è inchiodato alla centralità di Alfano.