Un sorpasso è un sorpasso: ora Stellantis vale in Borsa 62 miliardi di euro contro i 61 miliardi di Volkswagen. Il dato è di venerdì 26 gennaio 2024. Un anno fa, invece, il gruppo italo-franco-statunitense con sede ad Amsterdam valeva 44 miliardi mentre i tedeschi erano a quota 66 miliardi. La rincorsa è stata lunga e costante, non un colpo di fortuna: è da prima di Natale che Stellantis viene valutata dagli investitori più di Volkswagen.
I dati di Borsa vanno presi sempre con le molle. E tuttavia la notizia c’è ed è anche bella sipida. Peccato che in Italia sia totalmente coperta dal polverone dell’ennesima polemica su Agnelli e Fiat: venduta ai francesi (anzi al loro Stato); con produzione insignificante in Italia; strumento della delocalizzazione perché invita la componentistica a investire in Marocco.
Secondo il Devoto Oli, il provincialismo è quel “gusto o costume caratterizzato da una certa arretratezza culturale e ingenuità”. Definizione che si addice al dibattito italiano sul “caso ex-Fiat” che ruota da sempre intorno al ritornello “chiagni e fotti” del tradimento. Sei un’azienda italiana? Devi produrre in Italia! Semplice, no? E come la mettiamo con le Jeep e le Dodge sfornate nel nostro Sud? Forse la globalizzazione non è solo a perdere.
E forse vale la pena ricordare verità più complesse. Vent’anni fa, in quel 2004 anno dell’arrivo di Sergio Marchionne al timone del Lingotto, il sistema industriale Fiat bruciava 5 milioni di euro al giorno, sabati e domeniche comprese. Questo significò la quasi totale implosione della galassia Agnelli (furono cedute assicurazioni, Rinascente e tanto altro) mentre una parte rilevante del nostro sistema industriale era sulla strada dello sminuzzamento e della svendita (compresi gioielli strategici e iperprofittevoli come Fiat Brasile) oppure della trasformazione in un incubo italo-sovietico in stile Alitalia. Oggi – pur senza Marelli e i suoi 10.000 lavoratori italiani (e questo è grave) – i superstiti 11 stabilimenti automotive italiani del gruppo ex-Fiat fanno parte di un sistema industriale che resta in piedi anche se indebolito dalla lunga malattia. In Italia nel 2023 Stellantis/Fiat ha prodotto 750 mila pezzi con un aumento del 10,3% sull’anno precedente e ne ha esportati circa 500 mila.
Se gli azionisti ci hanno guadagnato e anche tanto, che dire degli altri stakeholders? Le domande sono chiare: i 47 mila dipendenti italiani ex-Fiat ci hanno rimesso nel passaggio a Stellantis? Rispetto all’epoca dell’Avvocato il nostro sistema industriale dell’automotive è più solido o più debole?
Se vogliamo essere onesti intellettualmente, le risposte non possono essere completamente positive o del tutto negative. Stellantis è una creatura molto diversa da Fiat e Fca non perché “è a guida francese” o perché più robusta coi suoi 180 miliardi di fatturato, ma perché il mondo automotive sta cambiando alla velocità della luce. L’elettrico rivoluziona tutti i rapporti di forza. I cinesi l’anno scorso hanno esportato oltre 5 milioni di vetture, quasi 600 mila in Ue contro le 130 mila del 2017. Possibile che nessuno ricordi che nel 2018 la Germania ha prodotto quasi 6 milioni di veicoli, scesi a 3,5 milioni nel 2022? E la Francia? I suoi 3 milioni di vetture annue sono tramontati da un pezzo.
Da noi il governo Meloni parla di tornare ad assemblare un milione di veicoli “made in Italy”. Peccato che nel 2017 li raggiunse proprio quel Sergio Marchionne accusato di aver trasferito la Fiat in America, come notammo qui un po’ in solitudine.
In questo scenario magmatico l’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, ha fissato due punti di riferimento granitici: più tecnologia e profitti alti. Stellantis sta mutando pelle trasformandosi ogni giorno di più da azienda automotive ad una struttura digitale. Sugli utili i numeri parlano da soli: nel 2022 i margini lordi di Stellantis hanno raggiunto la stratosferica quota dell’11,7% contro il 7,9% di Vw, il 7,2% di Toyota, il 9,8% di Bmw, il 6,6% di GM, il 3,5% di Nissan. Col suo 12,3% l’ha battuta solo Mercedes-Benz che però ha anche i camion nel suo perimetro.
I dati finanziari 2023 arriveranno fra poco ma già si sa che Tavares non ha seguito Tesla sulla scontistica pro-vendite, tanto da perdere la quarta posizione nel mercato Usa a favore di Hyundai mentre in Europa ha ceduto ai concorrenti l’1,5% di quote di mercato. La parola d’ordine in Stellantis è produrre solo se si guadagna.
E’ giusto? E’ sbagliato? E’ conveniente o meno per l’Italia? Ognuno si faccia la sua opinione. A patto di non osservare questa storia dal provincialissimo buco della serratura della politica italiana.