La Cina è davvero vicina, come dicevano i nostri maoisti nel 1968? Automobilisticamente parlando, il viaggio d’affari in Italia del presidente cinese Xi Jinping non ha portato apparentemente novità. Ma ci si poteva attendere di più con un governo presentatosi in ordine sparso e con Fiat Chrysler in difficoltà in Cina con il suo partner Gac e le ultime smentite su Geely, già proprietario di Volvo?
Eppure, alla vigilia del viaggio di Xi, la Cina è stata più vicina di quanto si pensi. Alla fine di febbraio mi risulta che rappresentanti di un importante costruttore cinese siano stati alla fabbrica di Grugliasco, alle porte di Torino, dove si producono le Maserati Quattroporte e Ghibli. Pare che ci sia stata una visita anche a Cassino, zona dove non c’è soltanto la fabbrica di Alfa Romeo Giulia, Stelvio e Giulietta. Motivo? Per vedere come si fa.
Grugliasco è un punto interrogativo fra le sette fabbriche italiane di Fiat Chrysler. Nata giusto 60 anni fa, ceduta dalla Bertone nel 2009 a Marchionne nello spazio di una domenica per un pugno di euro, è stata l’unica fabbrica dove la Fiom – contraria al “modello Pomigliano” – alla fine votò a larga maggioranza quel contratto. Oggi Grugliasco è un forte mal di pancia per Fiat Chrysler, perché la produzione Maserati qui è crollata del 32% nel 2018 (fonte Fim Cisl). Del 39% per l’intero marchio, un guaio per Manley ed Elkann.
Nel frattempo, la Cina dell’auto ha bisogno di sbarcare in Europa. Per cominciare a produrre almeno batterie per auto elettriche, settore dove oggi può competere alla pari (tecnologicamente parlando) con l’industria occidentale, giapponese e coreana. Gli analisti di Bernstein scrivono che la cinese CATL ha già pianificato la creazione di una fabbrica di batterie in Europa fra il 2021 e il 2022.
I produttori cinesi di queste batterie non hanno ancora gran fama all’estero. Il numero uno è Byd, il secondo è CATL, ma attualmente tutti i costruttori di auto elettrificate non cinesi si servono da produttori non cinesi: dalla Panasonic giapponese, dalle coreane LG Chem, Samsung SDI e SKI.
La Cina ha tuttavia buon gioco a voler allargarsi in Europa, scommettendo sull’andamento ondivago dei costruttori europei sul tema: Renault e Mercedes, per esempio, dicono che compreranno batterie dove conviene, il gruppo Volkswagen invece ha deciso di farle in casa in una “gigafactory” di prossima costruzione. In febbraio, la Cina ha poi iniziato a lavorare sull'”EV Strategic Plan 2021-2030″. A uso interno, ma è chiaro che un occhio rimane aperto sul mercato Europa, dove l’elettrificazione sarà sempre più una necessità per le regole stringenti sulle emissioni. E dove converrà avere proprie fabbriche, per batterie e/o per auto.
Chissà se i cinesi torneranno mai a Grugliasco o preferiranno cercare un sito in un paese dell’est europeo, come l’Ungheria o la Repubblica Ceca, paesi che hanno firmato l’accordo “Via della Seta” prima di noi e senza distinguo.
O altrove, basta che non sia Italia: i francesi, per dire, hanno firmato con Xi accordi commerciali per un valore di 1 a 20 rispetto ai nostri. Altro che ordine sparso. Eppure sull’automobile possiamo vantare un primato, per capacità, qualità del lavoro e competenza. Ma quanto siamo ancora interessanti?