“Comunque, Fca dovrebbe ora comprare Ford, Sergio lo avrebbe fatto”, mi scrive un amico spiritoso dopo che Moody’s ha declassato il titolo Ford a “junk”, spazzatura. L’agenzia di rating non crede al piano di rilancio del ceo Jim Hackett, basato su taglio dei costi, produzione trasferita dalle berline ai suv, elettrificazione: non è così, dice in sostanza Moody’s, che si generano cassa a sufficienza e margini come si deve per risvegliarsi sereni al mattino.

Junk Ford significa che gli interessi sul debito potrebbero crescere e che gli investitori istituzionali potrebbero spaventarsi. Ford ha risposto di avere basi “solide” e l’ha chiusa qui, sperando che le due sorelle Standard&Poor’s e Fitch non seguano Moody’s dopo un outlook negativo.

Ford aveva all’inizio dell’anno un indebitamento di 77 miliardi di dollari, in borsa ne vale oggi poco più di 37, ha chiuso il 2018 con profitti per 3,7. Ford Europa è un mal di testa quasi perenne per il colosso di Dearborn: qui si perdono soldi e qui sono stati fatti ben tre piani di ristrutturazione lacrime e sangue, nel 2012, nel 2016 e nel 2019.

All’inizio dell’anno, Ford ha trovato un accordo industriale con il gruppo Volkswagen che, dai commerciali, si sta allargando a piattaforme per veicoli elettrici e allo sviluppo della guida autonoma. Un buon accordo di questi tempi incerti per tutti, che leggo anche come il tentativo ultimo di salvare Ford Europa dalla chiusura, come ha invece fatto Gm con Opel dopo anni di perdite ben maggiori, ceduta a Psa nel 2017.

Giusto due anni fa, Hackett era stato nominato improvvisamente nuovo boss di Ford, facendo scendere dall’auto Mark Fields. Fatto fuori (per quel che se ne sa) perché il titolo restava sempre sotto pressione e a livelli insoddisfacenti per gli azionisti. La situazione non mi sembra molto cambiata, ed è pure calato il colpo di scure di Moody’s.

Ce la faranno i nostri eroi di Ford? Hackett è arrivato al volante di Dearborn da un colosso di mobili per ufficio. Non vivo in America per capire quanto sia bravo e popolare in comunicazione (qualità sempre più cruciali in un ceo), ma ricordo una sua intervista recente alla Cnn in cui sfidava Elon Musk con argomenti deboli. Riassumo: chiama il competitor californiano e non è un complimento “rocket scientist” e sostiene che non è lui il vero “disruptor” nell’auto. E chi è? Ma Ford naturalmente, con l’argomentazione che la Ford T del 1908 in soli dieci anni coprì metà del mercato statunitense, circa 10 milioni di unità vendute.

Boh… comunque Tesla vale in borsa 40,7 miliardi.

Ford è il nome di una famiglia che sta alla storia americana un po’ come i Kennedy dell’auto. Il presidente Bill Ford, entrato nell’azienda di famiglia (a malincuore, era folksinger e ambientalista) esattamente quarant’anni fa, oltre che con il mercato deve vedersela anche con Trump, con cui in passato ha fatto qualche scintilla in pubblico (insieme all’ex ceo Fields).

Ma tocca a lui guidare. Lo ha sempre fatto con fermezza. Punto il mio rating tutto su Bill.

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